COSTRUZIONI
E TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI
Fondazioni
Ci possono essere due tipi di fondazioni, dirette
o indirette. A seconda che poggino
direttamente o indirettamente sul terreno. Prima di arrivare però a
decidere se fare delle fondazioni dirette o indirette dobbiamo
conoscere che tipo di terreno abbiamo di fronte ovvero dobbiamo fare
uno studio del terreno soprattutto per conoscere quello che è il suo
sigma, cioè la portanza (quanto il terreno resiste ad uno sforzo).
Per fare delle prove sul terreno ci sono vari metodi ed uno di questi
è quello del penetrometro, o quello del piano con i vari martinetti
idraulici. Questi sono strumenti formati da una base piana di area
conosciuta e di peso noto che vanno ad incidere o su un penetrometro
che va a penetrare nel terreno e quindi si misura quanto entra nel
terreno e quindi quanto il terreno resiste a questo sforzo oppure dei
martinetti che mi indicano di quanto alcuni elementi entrino o meno
nel terreno. Un terzo sistema è quello del carotaggio, il quale
viene fatto normalmente quando sappiamo di trovarci di fronte ad un
terreno incoerente e quindi ci serve assolutamente sapere che tipo
di strati di terreno, quanti strati di terreno, di che tipo e di che
dimensioni, noi dobbiamo attraversare prima di arrivare al terreno di
fondazione adatto.
Scavando, può succedere che ci si trovi di fronte a
presenza di acqua. Dovendo intervenire per sistemare le cantine di
abitazioni che hanno le fondazioni immerse nell’acqua come si
interviene? In passato si potevano fare delle paratie che isolavano
la zona di fondazione poi sono arrivate le Ture in metallo che sono
maschiate e quindi si possono comporre per dare la forma desiderata.
Poi si aspira l’acqua all’interno del “recinto”. Se invece
sono degli scavi molto profondi in presenza di acqua vengono usate le
campane pneumatiche, le quali sono delle camere a tenuta che vengono
immerse nel terreno e man mano che si fanno i lavori la campana sale.
Questa campana è collegata alla superficie tramite un camino per la
discesa dei materiali e del personale e dei macchinari.
Le fondazioni dirette abbiamo detto che sono quelle che
poggiano direttamente sul terreno. Le più conosciute sono quelle a
fossa continua, a platea che sono quelle fondazioni usate per
strutture non necessariamente molto elevate (case coloniche, cascine,
ad un piano o due al massimo). In pratica si tratta di una fondazione
in muratura dentro una trincea dove all’interno di questa viene ad
essere già costruito il muro. Ovviamente la fondazione ha
dimensioni più grandi del muro e viene rastremandosi mano a mano che
raggiunge al base del muro per poi iniziare l’elevazione. È
evidente che la larghezza in questo caso, come in un altro caso che
vedremo più avanti, è determinata se il peso è baricentrico da un
rapporto che è dato dal peso fratto il sigma del terreno.
peso
L = _____________
Sigma terreno
Questa formula la si utilizza generalmente per le
fondazioni isolate cioè i plinti.
Un altro tipo di fondazione diretta che è comparsa con
l’avvento del cemento armato è la fondazione a trave rovescia. Si
chiama così perché la struttura in sezione di una trave rovescia
che generalmente è a forma T è esattamente in contrario di una
trave normale. In una trave normale la trave si infletterebbe nel
centro dal basso verso l’alto creando un arco con freccia negativa
e in questo caso il ferro verrebbe posizionato nella parte inferiore
della trave (nella zona centrale non certo sugli appoggi) cioè dove
ci sono le fibre tese. Nella trave rovescia avviene invece proprio
l’opposto e il peso che va ad inflettere la trave è dato dal
terreno. Tutto il ragionamento della freccia e delle fibre tese viene
a rovesciarsi rispetto alla trave di prima. Vantaggi della trave
rovescia sono: grande resistenza e poi le trave rovesce si possono
anche incrociare e posso tra virgolette formare una sorta di griglia
(di maglia) e nell’intersezione di travi rovesce posso posizionare
dei pilastri.
Il plinto invece è una fondazione isolata. Una volta il
plinto era una fondazione a pozzo cioè venivano fatti dei pozzi e
riempiti di calcestruzzo e sopra questi plinti partivano i pilastri.
I primi plinti erano a gradoni (molto costosi). In più si è
scoperto che se l’angolazione dei gradoni non supera i 55° 60° si
raggiunge la distribuzione ottimale del peso. È evidente che il
rapporto tra peso fratto sigma del terreno per trovare l’area della
sezione su cui agisce la fondazione si riferisce principalmente al
discorso plinto, ovviamente sempre nel caso in cui il peso sia
baricentrico nel pilastro e di conseguenza al plinto. Il peso può
anche essere eccentrico, l’importante è che non esca dal terzo
medio, cioè dal nocciolo centrale d’inerzia perché in quel caso
non avremmo solo compressione ma anche trazione.
Quando il peso è fuori dal nocciolo centrale d’inerzia
abbiamo sforzi non solo di compressione ma anche di trazione.
Progettando cerchiamo di restare sempre nel caso in cui il peso sia
baricentrico di modo da avere solo sforzo di compressione. Cercare
sul manuale le formule per calcolare gli sforzi di compressione. (2p
fratto 3up; p*a/+- p*e/w) (sono formule di verifica nel caso di una
compressione ma non baricentrica).
Una cosa da tener conto è che non basta trovare l’area
e poi progettare una base di fondazione molto più grande per
trovarmi così in una condizione certamente migliore pensando di aver
distribuito il peso nel miglior modo. No. Rischieremmo di avere un
punzonamento cioè il pilastro con il suo peso rischierebbe di
entrare all’interno della fondazione e quindi di ribaltare le ali
della fondazione stessa; rischieremmo di rompere la fondazione.
Può succedere però che i terreni siano inconsistenti
(presenza di acqua, terreni sabbiosi, terreni argillosi) e il terreno
buono si trovi ad una profondità decisamente elevata. In questo caso
si tratterà di fare delle fondazioni a palificazione. Si tratta di
Pali che vengono infilati nel terreno per superare la parte di
terreno inconsistente e appoggiarsi alla parte di terreno buono. Ma
come funziona il tutto? Ricordate il concetto delle palafitte? Si
tratta dello stesso principio. Esiste un piano che è appoggiato a
dei pali infissi anziché nell’acqua nella terra. Su questo piano
ad appoggiarsi poi tutta la costruzione. I pali vengono infissi molto
vicini gli uni agli altri, dopodiché viene fatta una gettata che va
ad inglobare tutte le teste dei pali che ci sono per creare così un
piano, e quindi su quel piano si va a costruire l’edificio. Il
peso andrà in questo modo scaricato sul terreno buono tramite i
pali. La funzione dei pali che sono tra loro molto vicini è quella
di costipare il terreno in quanto la sollecitazione che essi hanno è
a goccia quindi la vicinanza fa si che le onde di sollecitazione si
sovrappongono costipando il terreno. (il concetto è che se infilo
tanti legni in un secchio di sabbia arriverà il punto in cui faro
fatica a infilare ulteriori legni in quanto la sabbia sarà
costipata). Per via di questa caratteristica dei pali questi stessi
possono venir usati anche solo ad uso di costipamento come nel caso
di passaggi di strade, oppure per stabilizzare terreni friabile. Una
volta questi pali venivano fatti in legno (Venezia), in metallo, in
calcestruzzo preconfezionato sino ad arrivare a dei pali Franki
ovvero il palo gettato in opera.
Muri in elevazione
Ce ne sono di diversi tipi: muri perimetrali portanti,
muri di spina, muri di tamponamento e tramezzi. In passato i
perimetrali portanti venivano fatti con mattoni pieni a due, tre,
quattro teste e davano muri di spessore notevoli per strutture molto
alte. Il muro di spina invece in passato interessava per due ragioni:
primo per avere un appoggio per il tetto e poi perché in una
strutture del genere senza pilastri i solai avevano un appoggio
intermedio (esempio sono le case di ringhiera sui navigli – a
matita). Con l’avvento poi del calcestruzzo e dei laterizi non più
pieni ma forati anche la costruzione dei muri in elevazione si è
modificata. Ora lo spazio tra un pilastro e l’altro non è più
necessario chiuderlo con mattoni pieni portanti, quindi si tratta ora
solo di tamponare e di isolare con materiali vari.
Esistono anche muri di sostegno. Possono essere fatti in
muratura tradizionale, o istintivi come quelli di montagna contenuti
nelle reti, possono essere di pietra squadrata con malta o non, e
possono essere in costruzioni di cemento armato. Il muro di sostegno
in cemento armato ha come base per il suo calcolo il concetto della
trave a mensola. La funzione matematica per calcolare il muro di
sostegno tra cui la più famosa è quella di coulomb, è quella di
arrivare a far si che la terra che spinge sul muro non lo sposti. In
pratica la spinta del terreno viene applicata nel terzo medio del
muro di sostegno e questo deve tamponare la spinta stessa Per trovare
la spinta del terreno bisogna tenere conto del peso specifico del
terreno, dell’angolo di natural declivio, dell’altezza del muro.
Una volta determinata la spinta del terreno devo verificare tre cose:
che il muro non si ribalti, che non scorra e che non si schiacci. Il
momento spingente deve essere minore del momento resistente: momento
resistente fratto momento spingente deve essere maggiore di 1.5. in
ogni cosa queste verifiche si possono anche effettuare con il metodo
del parallelogrammo: la risultante di tutte le forze orizzontali e
verticali deve cadere all’interno del terzo medio. In questo modo è
verificato ma se invece non cade all’interno di questo terzo medio
allora dobbiamo o alzare o allargare il muro.
Travi
Nei tempi antichissimi inizialmente ci fu il sistema
trilitico, poi arrivarono i romani che inventarono il sistema ad
arco. Come si sostiene l’arco? L’arco distribuisce equamente le
forze da un lato e dall’altro sulle spalle che di solito sono dei
muri di sostegno. Che tipi di archi abbiamo: archi a tutto sesto,
archi ribassati e archi a sesto acuto. Nell’arco a tutto sesto
abbiamo una luce che corrisponde al diametro, una freccia che
corrisponde al raggio, da un intradosso e da un estradosso da due
spalle da dei conci (pietre). Come fare per verificare se l’arco
sta in piedi oppure no? Si prende in esame meta arco (l’altra è
simmetrica). Sul concio in chiave si avrà applicata al terzo medio
superiore la spinta che è data dalla gravità di arco, questa spinta
si va a comporre, con il peso del concio e con il peso di ciò che
spinge sopra il concio, con una forza che è applicata al baricentro.
Queste due forze mi formano una risultante. Questa risultante va a
comporsi con l’altra forza peso del concio successivo e di tutto
ciò che spinge sopra il concio applicato al baricentro formando una
seconda risultante … e così via fino ad arrivare all’estremo. Se
l’ultima risultante di questa curva delle pressioni cade
all’interno del terzo medio inferiore (siamo partiti dal terzo
medio superiore) questo arco sta in piedi. Se cade all’esterno
l’arco crolla.
Indicazioni per la progettazione del residence
Progettare un residence composto da tre palazzine su tre
piani (piano terra, piano primo e piano secondo) con i tre tagli di
appartamento per 2, 3 o 5 persone più una quarta palazzina di
accoglienza. Per ora progettiamo solo la palazzina poi a settembre
cercheremo di studiare come inserirla in un contesto più ampio.
Un residence dove gli appartamenti sono così suddivisi:
Una camera con due letti, un corridoio con due letti a castello, un
soggiorno con cucina a vista, due divani e un balcone. Quindi vuol
dire che ci si può stare sia in quattro sia in sei. Tutti gli
appartamenti devono avere il balcone (possono avere una doppia
esposizione ma devono avere il balcone) e questo deve essere dalla
parte del soggiorno e della cucina. Nel caso ci sia la camera da
letto definita, (quella più grande) allora anche la camera da letto
può dare su un terrazzo o su qualcosa del genere magari anche adatto
per mangiare fuori, con un tavolo. Facciamoli di tre piani, così non
ci facciamo l’ascensore.
Progettare anche una reception su un piano solo con un
deposito materiali, bagagli, spogliatoi per inservienti, segreteria
direzione, un bar. Parcheggio interno al residence. Si può anche
eventualmente prevedere un locale interrato di lavanderia per chi
risiede per più di 10 gg. e che abbia quindi necessità anche di
fare il bucato.
Tetti
Esistono due tipi di tetti: a falde e piani.
Tetti a falde
Di tetti a falde ne esistono normalmente due tipi di
soluzioni: tetti alla lombarda e tetti alla piemontese. Qual è la
differenza tra questi due tetti? (la
risposta a questa domanda si trova molte righe più sotto)
L’ultima volta avevamo parlato delle case di ringhiera
che sul lato corto sono abbastanza strette e che ricordano una
matita, che hanno le due falde che scendono e hanno soprattutto il
muro di spina. Il problema è quello di dove appoggiare la trave di
colmo (la parte più alta di un tetto) e il muro di spina serve
proprio per sorreggere la trave di colmo. Un tetto a falde si compone
delle due falde, travi di colmo, quindi la falda è un impluvio che
raccoglie l’acqua e la manda verso i canali di gronda, scossaline o
converse e da questi giunge nei pluviali che possono essere esterni
o interni. I pluviali sono generalmente in rame o in acciaio anche se
sempre più si va verso il P.V.C. che è un materiale certamente meno
costoso. I canali di gronda invece in passato si facevano in
alluminio zincato o alluminio nudo e crudo ma ora principalmente sono
in rame. Il compluvio è il punto di incrocio di due falde, ovvero il
punto in cui le falde raccolgono contemporaneamente l’acqua.
L’inclinazione delle falde cambia notevolmente in
funzione della localizzazione dell’ambito in cui si deve operare;
un conto è la pendenza di un tetto di montagna un’altra è quella
di un tetto in riva al mare. Le precipitazioni d’acqua cambiano da
luogo a luogo e le precipitazioni nevose e anche altro incidono
notevolmente sul peso. Nel calcolo di un tetto il sovraccarico
accidentale che viene ad essere calcolato è dato dal peso della neve
e dal vento. Mediamente inclinazione delle falde sono in gradi o in
percentuale e dalle nostre parti (prov. Milano) si aggira intorno al
40/46% - 26°/27°.
In un tetto alla piemontese la struttura e data dai
puntoni che sono delle travi che da un lato poggiano
perpendicolarmente al muro perimetrale, su un dormiente (una trave in
legno che viene poggiata sul limite del muro perimetrale) e
dall’altro alla trave di colmo. Quindi questi puntoni oltre ad
essere la struttura del tetto sono anche quegli elementi che danno
l’inclinazione delle falde. Questi sono posizionati ad un interasse
mediamente di 1.5 m -2.0m – 2.5m al massimo e non di più. Il vuoto
che si viene a creare tra puntone e puntone viene riempito a griglia
da travetti perpendicolari ai puntoni da piccola orditura
perpendicolare ai travetti fino ad avere la possibilità di poter
applicare il manto di copertura che può essere di tegole portoghesi,
marsigliesi, coppi, ecc. . le tegole sono appoggiate ai listelli e si
autoreggono.
Nel sottotetto abbiamo tutti gli scarichi: vasi
d’espansione dei bagni, condutture dell’acqua, de riscaldamento,
ecc. Sul tetto abbiamo le torrette delle canne fumarie, delle cucine,
dei bagni e quant’altro. Sarà capitato di vedere anche delle
tubazioni di metallo lungo le facciate di certi condomini che
generalmente sono gli scarichi dei fumi delle caldaie. Generalmente
si posizionano in facciata perché non è possibile incamiciare la
vecchia canna fumaria oppure perche sono delle canne Shunt. Per
quanto riguarda il fumaiolo delle canne questo ha una sua altezza
minima che se siamo in gronda non c’è problema ma se invece siamo
a due metri circa dal colmo allora deve essere più alto del colmo di
almeno un metro meglio quindi cercare di fare i fumaioli in gronda
per evitare di fare fumaioli altissimi.
Il tetto alla lombarda invece è l’esatto contrario di
quello che è un tetto alla piemontese. Anche in questa tipologia di
tetto abbiamo la trave di colmo solo che questa non appoggia sul muro
di spina che corre per tutta la lunghezza della casa bensì o su dei
muretti oppure su delle capriate. Le capriate sono delle strutture
un po’ particolari che hanno questa funzione. Il problema è come
chiudere quello spazio che c’è tra capriata e capriata.
Generalmente tra capriate e capriata c’è un interasse mediamente
di 3.0m. In questo caso la struttura portante che poggia da una
capriata all’altra viene chiamata arcareccio o terzera. Queste sono
travi che poggiano da capriata a capriata e sono parallele alla trave
di colmo. Per poi chiudere il buco tra gli arcarecci si usa la stessa
tecnica di quello piemontese.
In entrambe le soluzioni la copertura può essere fatta
a pannelli sandwich. Questi sono generalmente in rame, alluminio o
lamiera trattata e verniciata. Hanno struttura grecata nella parte
superiore e nell’intradosso di questa lamiera è fissato uno strato
isolante di vario spessore, mediamente 10 cm. Il fissaggio va
eseguito con chiodi di rame oppure di acciaio inossidabile per
evitare che la ruggine delle vite normali si “mangi” la lamiera
e quindi la deteriori.
La capriata è composta da una catena, che è un tirante
in quanto assorbe gli sforzi dei due lati, da due puntoni (che sono
quelli diagonali fissati da un lato direttamente sulla catena) da un
monaco (il tratto verticale centrale alla struttura) e da due
saettoni o falsi puntoni che uniscono il monaco con i puntoni. Questa
è la più classica. La cosa più importante che interessa
particolarmente comunque sono i punti di unione tra il puntone e la
catena e tra il puntone e il monaco. (vedi disegno). Il primo fa da …
il secondo viene considerato a cerniera. Il monaco non si appoggia
alla catena per far si che nel momento del grosso carico questo non
abbia a gravare sulla catena stessa (diventando un peso accidentale)
andando a compromettere la stabilità della struttura. Le falde di un
tetto possono anche non incontrarsi nel monaco ma avere una sorta di
cartella che consenta di predisporre delle finestre per dare luce e
aria al sottotetto. In questo caso però dovremmo tener conto della
normativa che prevede che l’altezza media non sia inferiore a 2.40
m nei locali abitabili con tetti inclinati. Sul tetto a falde
possiamo fare una infinità di aperture. Dai vecchi abbaini di una
volta ai Velux (finestre inserite nella falda stessa) oppure ancora
aperture come balconi, terrazzi o quant’altro. In questo caso si
tratta di adeguare il tetto attraverso scossaline o catrame alla
nuova caratteristica creatasi con una finestra in falda, un abbaino,
un terrazzo, un balcone, e via dicendo.
Le case di ringhiera hanno generalmente il tetto alla
piemontese.
Tetti piani
Anche in questo caso ne abbiamo di due tipi a terrazza
calpestabile oppure
non calpestabile.
Ovviamente il non calpestabile è calpestabile sono per la
manutenzione normale, non è un solarium. Nel caso che il tetto non
sia calpestabile la struttura della soletta è come quella di un
solaio, né più né meno, solo che rispetto ad solaio qualsiasi può
variare lo spessore perché si tratta di un ultimo solaio.
Generalmente è assolutamente coibentato e su questo solaio vi sono
tutte quelle uscite di fumi e via dicendo di cui abbiamo parlato
prima che ci sono su un tetto inclinato. La cosa importante è
l’isolamento che deve essere a strati e gli strati devono essere
incrociati. L’altro problema è quello di far defluire l’acqua. O
farla defluire ai bordi della struttura quindi dare l’inclinazione
alla caldana di 1% o 2 % per far si che l’acqua scorra negli
scarichi che si sono posti oppure farla defluire in un punto preciso
che non sia precisamente al bordo della struttura. Nel solaio
calpestabile il problema si pone in quanto alla pavimentazione che in
questo caso è consigliabile che sia galleggiante. Una terza
soluzione non tanto utilizzata in Italia prospettata da Le Corbusier
è il tetto a terrazza con lastre di cemento e tra lastra e lastra
fare crescere l’erba, o avere un giardino vero e proprio.
Solai
Sono le divisioni orizzontali di un edificio. Qual è il
problema principale dei solai? È quello di capire qual è il tipo di
vincolo che ha agli estremi ovvero se è incastrato, appoggiato … o
altro. Non deve incidere un errore di calcolo nel momento in cui
andiamo a progettare questa cosa. Se sbagliamo a capire il vincolo
sugli estremi avremo poi ovviamente dei problemi. Infatti a seconda
del vincolo cambierà anche il momento flettente. I solai possono
essere fatti in molto modi: dai tradizionali in legno a quelli in
latero-cemento. I solai in legno cos’ come quelli in ferro-laterizi
hanno due problemi: possono essere semplici o composti. La differenza
sta nella posizione delle travi che sorreggono il solaio. Se il lato
corto di un solaio ha misure modeste (max. 5 m per il legno e 6/7 m
per il ferro) allora le travi poggiano da muro a muro parallelamente
al lato corto e abbiamo un solaio semplice. Oltre queste misure il
travetto può inflettersi sotto il proprio peso stesso. Al contrario
invece il solaio composto si ha quando le luci anche del lato corto
sono elevate (tipo 8 metri). Allora in questo caso bisognerà creare
delle travi maestre a sezione molto elevata da disporre sempre
parallelamente al lato corto ma a distanza di max. 5 m per il legno e
6/7 m per il ferro e su queste travi poggiare perpendicolarmente le
travi come nel caso precedente. Sopra le travi di un solaio vengono
poi inchiodate delle tavole per chiudere gli spazi vuoti tra gli
interassi delle travi (interasse max. travi in legno 50/60 cm -
nelle travi in ferro l’interasse è dato dalla lunghezza del
tavellone che varia da 60 a 120 cm ) e sopra il solaio in legno
dell’isolante e poi una piccola caldana di cemento e poi sopra o le
piastrelle o il parquet, mentre nei solai in ferri e laterizi abbiamo
riempimento di cretonato o quanto altro struttura di sabbia e di
isolante, caldana e poi pavimento. Questo tipo di solaio può essere
alleggerito creando delle camere d’aria.
Come si calcola una struttura in legno o in ferro
Generalmente si parte dal concetto di creare una trave
rettangolare con sezione bxh dove h sia sempre maggiore di b. bisogna
trovare la base e l’altezza della trave. Nel caso che stiamo
considerando abbiamo una trave che è semplicemente appoggiata agli
estremi e con carico uniformemente distribuito. Noi conosciamo la
luce, il peso e le reazioni vincolari; devo trovare il momento
flettente. In questo caso il momento flettente è ql2/8.
Dove q è il peso in kg al metro lineare, l è la luce. Ora
conoscendo il momento flettente e conoscendo il sigma δ del legno o
della putrella in ferro che noi abbiamo possiamo trovare il W che è
il modulo di resistenza. Momento flettente fratto sigma abbiamo il
modulo di resistenza (W). Stiamo attenti al fatto che il momento
flettente è in kgm il sigma è invece in kg/cm2
e il W come unità di misura è in cm3 .
quello che così calcoliamo però non è il W effettivo perché mi è
dato da solo da un rapporto tra momento e sigma. A noi invece
interessa realmente di determinare la base e l’altezza di questa
trave. Noi sappiamo che il modulo di resistenza W è dato da bh2/
6. Da dove arriva questo rapporto? È il
rapporto tra il momento d’inerzia e la distanza dall’asse neutro
alla fibra più lontana in una sezione rettangolare con momento
d’inerzia rispetto all’asse baricentrico. Il momento d’inerzia
in quella sezione se abbiamo l’asse baricentrico (h/2 e h/2) è
Mi=bh3/12;
la fibra più lontana all’asse neutro x-x è h/2. Quindi se noi
facciamo bh3/12 /
h/2; ribaltando il tutto avremo bh2/
6. Ora in questo caso ho due incognite ma
imponendo che la base sia 0.7h la formula mi diventa ad una sola
incognita. E la formula mi diventa: W=0.7h3/6
per cui h=radcubica di 6W/0.7; a questo punto trovata l’altezza e
moltiplicata per 0.7 ho anche la base. Queste formule vanno anche
bene sia per il calcolo dei puntoni che degli arcarecci né più né
meno. L’unico problema in quei casi è trovare il momento flettente
essendoci una inclinazione anche se sul manuale si trovano le
formule. I risultati di h e di b si arrotondano sempre in eccesso al
numero pari successivo. Arrivati a questo punto è opportuno fare una
verifica. Se la struttura è legno allora la verificheremo con il W
vero in pratica faremo il rapporto sigma = Mflettente
/ Wreale
(trovato utilizzando la base e l’altezza reale) e questo dovrà
essere inferiore al sigma ammissibile del legno. Se sarà superiore
bisognerà apportare delle modifiche alla base e all’altezza
aumentandole. Se invece si tratta di trave in ferro con laterizi una
volta giunti al W controlleremo a quale W per eccesso corrisponde
questo tipo di W da noi trovato. Si tiene conto sempre di un W
rispetto all’asse x orizzontale. In questo momento l’asse y non
ci interessa. y ci interessa solo se le travi son inclinate. Nel caso
di travi inclinate il W va calcolato in funzione dell’asse x e
dell’asse y. Rispetto all’asse x sarà W=bh2/
6 ; rispetto all’asse Y sarà W=b2h/6.
Tutte queste cose si trovano sul manuale.
Altri tipi di solai sono quelli in soletta piena. In
Italia abbiamo tanta argilla per cui usiamo molto i solai con
laterizi ma in Grecia ad esempio che non hanno argilla ma in compenso
hanno molto cemento usano molto fare solai pieni in cemento armato.
Nell’estremità si tratterà di capire se abbiamo un incastro o un
semincastro, casserare tutta la soletta, posizionare tutti i ferri
sul cassero ed eventualmente anche la rete elettrosaldata e poi
gettare costipando con vibratori ad immersione. Aspettare una luna
ovvero dai 24 a 28 giorni e quindi disarmare il tutto. Il calcolo
della struttura non è molto complicato e le formule si trovano
comunque sul manuale. Per i solai in latero-cemento invece il
problema è a volte simile a volte no. Possiamo utilizzare dei
travetti prefabbricati detti anche misti composti cioè da un
fondello in laterizio, un traliccio in ferro e una gettata di cls.
oppure dei travetti in calcestruzzo già confezionati l’unica cosa
che cambia è appunto il travetto. Si assemblano posizionando i
travetti poi le i blocchi in laterizio e poi il ferro e la rete e
infine il getto. E dopo 24/28 giorni si disarma tutto. Ci sono poi
ancora i solai con travetti gettati in opera. Anche in questo caso si
tratta di casserare tutta la soletta e poi tutto il resto è uguale
agli altri solai. Si possono avere anche solaio con delle costolature
cioè con sezioni di travi a T. si tratta in questi casi di calcolare
una trave a T. In queste travi il problema è capire dove cade l’asse
neutro. Se passa attraverso le due ali e non sull’anima, questa
trave può essere calcolata come se fosse una trave a sezione
rettangolare dove la larghezza è quella delle due ali. Se invece
l’asse neutro passa nell’ala verticale quindi nell’anima in
questo caso dobbiamo trovare dove effettivamente passa l’asse
neutro e calcolare le due parti staccate.
Scale
Le scale sono ovviamente i collegamenti tra due piani
differenti di un edificio. Sono composte da gradini che si dividono
in pedate e alzate. Le alzate vanno mediamente (non è legge) da i 15
ai 18 cm. Mentre le pedate mediamente vanno tra i 29 e i 32 cm. Altra
cosa da tenere in considerazione è la larghezza delle scale le quali
se si tratta di scale interne non hanno misure particolare, nel senso
che possono anche essere larghe 70 cm. Se invece la scala è di
utilizzo pubblico devono avere una larghezza che arriva dagli 80 cm.
Al 110 cm. Secondo la normativa devono essere larghe tanto da poter
far scendere una cassa da morto, in modo cioè che la cassa da morto
possa girare senza doverla mettere in piedi. Le ringhiere nelle
nostre zone sono mediamente alte 1.10 mt. comunque è la stessa
altezza dei parapetti delle finestre e dei balconi ed è in base al
regolamento edilizio. Se le scale sono però di un edificio pubblico,
e quindi di grosso passaggio è evidente che la larghezza varia in
funzione del numero di persone; quindi può essere 80, 160 cm. o che
altro. Ogni persona ha cioè 80 cm di spazio per muoversi. La
geometria delle scale è varia. Ci sono scale ad una rampa che
generalmente negli edifici di civile abitazione si tende ad
eliminare, almeno che non siano di servizio, come ad esempio le scale
che possono portare al piano seminterrato; comunque anche queste
scale devono essere interrotte da un pianerottolo di riposo; una
volta superati i 10-13 scalini bisogna posizionare un pianerottolo di
riposo. Il pianerottolo di riposo è quello che viene ad essere
utilizzato nella famosa tromba delle scale come si dice in gergo. Le
scale di una civile abitazione sono posizionate all’interno di
strutture in cemento armato, così come gli ascensori, quindi hanno
tre pareti di cemento armato di cui una di queste deve essere per
forza perimetrale. Questo per far si che sia possibile avere una
finestra direttamente sull’esterno sia per la luce sia per il
riciclo d’aria nel caso d’incendio. Possono essere finestre o
portefinestre, non ci sono misure standard ma devono essere finestre
apribili anche perché in caso di incendio le scale diventano un vero
e proprio camino. Le scale però possono essere anche a due o a tre,
quattro rampe a seconda dei casi. La cosa importante è quella di
dividere le alzate per il dislivello da superare e per arrivare
quindi da un piano a quello successivo. Noi siamo abituati ad avere
due o tre rampe nelle nostre abitazioni e quindi abbiamo il
pianerottolo di riposo tra l’una e l’altra rampa. Questo
pianerottolo è generalmente largo quanto la scala e copre sia
l’arrivo della prima rampa sia la partenza della seconda. Le scale
sono un elemento fisso. In una progettazione è uno dei pochi
elementi oltre ai pilastri che lì sono e lì rimangono. Nel calcolo
della scala bisogna anche stare attenti al fatto che ci sono dei
punti in cui deve essere la scala e non possiamo fare altrimenti. A
volte in una progettazione ci si accorge che mancano uno o due
scalini per arrivare alla quota del piano superiore ma non possiamo
né allungare la scala che è data dalla somma delle pedate, né
possiamo alzare l’altezza della scala altrimenti diventerebbe
faticosa da percorrere allora in questo caso viene utilizzato un
sistema che è sempre meglio evitare ma che se proprio non c’è
alternativa viene usato. Questo sistema è il piè d’oca ovvero
quei gradini a forma di triangolo. Sarebbe meglio evitarli in quanto
questi gradini sono particolarmente pericolosi sia nella salita che
nella discesa. Infatti sul lato del muro i gradini sono
sufficientemente larghi, ma verso l’interno la larghezza del
gradino è pari a zero. La struttura delle scale può essere in
legno, in metallo e in cemento armato. Il problema per quelle in
cemento armato, così come per quelle in metallo è quello di formare
delle travi che salgono che vengono ad essere legate alla trave de
pianerottolo di riposo tramite dei ferri inclinati che si incastrano
con degli altri orizzontali.
Esistono anche le scale antifumo ovvero scale che hanno
una porta tagliafuoco rispetto al resto dell’edificio.
Sostanzialmente per prendere queste scale fisicamente dobbiamo
attraversare due porte, cioè una porta tagliafuoco, un piccolo
spazio o che altro, e una porta che mi da’ la possibilità di
accedere alle scale e questo mi da’ la possibilità di essere certo
di non avere in caso di incidenti di incendio, di non avere nessun
tipo di comunicazione tra la parte delle scale con la parte che viene
ad essere normalmente utilizzata. 13:24
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