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mercoledì 20 marzo 2013

COSTRUZIONI E TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI


COSTRUZIONI E TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI

Fondazioni
Ci possono essere due tipi di fondazioni, dirette o indirette. A seconda che poggino direttamente o indirettamente sul terreno. Prima di arrivare però a decidere se fare delle fondazioni dirette o indirette dobbiamo conoscere che tipo di terreno abbiamo di fronte ovvero dobbiamo fare uno studio del terreno soprattutto per conoscere quello che è il suo sigma, cioè la portanza (quanto il terreno resiste ad uno sforzo). Per fare delle prove sul terreno ci sono vari metodi ed uno di questi è quello del penetrometro, o quello del piano con i vari martinetti idraulici. Questi sono strumenti formati da una base piana di area conosciuta e di peso noto che vanno ad incidere o su un penetrometro che va a penetrare nel terreno e quindi si misura quanto entra nel terreno e quindi quanto il terreno resiste a questo sforzo oppure dei martinetti che mi indicano di quanto alcuni elementi entrino o meno nel terreno. Un terzo sistema è quello del carotaggio, il quale viene fatto normalmente quando sappiamo di trovarci di fronte ad un terreno incoerente e quindi ci serve assolutamente sapere che tipo di strati di terreno, quanti strati di terreno, di che tipo e di che dimensioni, noi dobbiamo attraversare prima di arrivare al terreno di fondazione adatto.
Scavando, può succedere che ci si trovi di fronte a presenza di acqua. Dovendo intervenire per sistemare le cantine di abitazioni che hanno le fondazioni immerse nell’acqua come si interviene? In passato si potevano fare delle paratie che isolavano la zona di fondazione poi sono arrivate le Ture in metallo che sono maschiate e quindi si possono comporre per dare la forma desiderata. Poi si aspira l’acqua all’interno del “recinto”. Se invece sono degli scavi molto profondi in presenza di acqua vengono usate le campane pneumatiche, le quali sono delle camere a tenuta che vengono immerse nel terreno e man mano che si fanno i lavori la campana sale. Questa campana è collegata alla superficie tramite un camino per la discesa dei materiali e del personale e dei macchinari.
Le fondazioni dirette abbiamo detto che sono quelle che poggiano direttamente sul terreno. Le più conosciute sono quelle a fossa continua, a platea che sono quelle fondazioni usate per strutture non necessariamente molto elevate (case coloniche, cascine, ad un piano o due al massimo). In pratica si tratta di una fondazione in muratura dentro una trincea dove all’interno di questa viene ad essere già costruito il muro. Ovviamente la fondazione ha dimensioni più grandi del muro e viene rastremandosi mano a mano che raggiunge al base del muro per poi iniziare l’elevazione. È evidente che la larghezza in questo caso, come in un altro caso che vedremo più avanti, è determinata se il peso è baricentrico da un rapporto che è dato dal peso fratto il sigma del terreno.
peso
L = _____________
Sigma terreno

Questa formula la si utilizza generalmente per le fondazioni isolate cioè i plinti.
Un altro tipo di fondazione diretta che è comparsa con l’avvento del cemento armato è la fondazione a trave rovescia. Si chiama così perché la struttura in sezione di una trave rovescia che generalmente è a forma T è esattamente in contrario di una trave normale. In una trave normale la trave si infletterebbe nel centro dal basso verso l’alto creando un arco con freccia negativa e in questo caso il ferro verrebbe posizionato nella parte inferiore della trave (nella zona centrale non certo sugli appoggi) cioè dove ci sono le fibre tese. Nella trave rovescia avviene invece proprio l’opposto e il peso che va ad inflettere la trave è dato dal terreno. Tutto il ragionamento della freccia e delle fibre tese viene a rovesciarsi rispetto alla trave di prima. Vantaggi della trave rovescia sono: grande resistenza e poi le trave rovesce si possono anche incrociare e posso tra virgolette formare una sorta di griglia (di maglia) e nell’intersezione di travi rovesce posso posizionare dei pilastri.
Il plinto invece è una fondazione isolata. Una volta il plinto era una fondazione a pozzo cioè venivano fatti dei pozzi e riempiti di calcestruzzo e sopra questi plinti partivano i pilastri. I primi plinti erano a gradoni (molto costosi). In più si è scoperto che se l’angolazione dei gradoni non supera i 55° 60° si raggiunge la distribuzione ottimale del peso. È evidente che il rapporto tra peso fratto sigma del terreno per trovare l’area della sezione su cui agisce la fondazione si riferisce principalmente al discorso plinto, ovviamente sempre nel caso in cui il peso sia baricentrico nel pilastro e di conseguenza al plinto. Il peso può anche essere eccentrico, l’importante è che non esca dal terzo medio, cioè dal nocciolo centrale d’inerzia perché in quel caso non avremmo solo compressione ma anche trazione.
Quando il peso è fuori dal nocciolo centrale d’inerzia abbiamo sforzi non solo di compressione ma anche di trazione. Progettando cerchiamo di restare sempre nel caso in cui il peso sia baricentrico di modo da avere solo sforzo di compressione. Cercare sul manuale le formule per calcolare gli sforzi di compressione. (2p fratto 3up; p*a/+- p*e/w) (sono formule di verifica nel caso di una compressione ma non baricentrica).
Una cosa da tener conto è che non basta trovare l’area e poi progettare una base di fondazione molto più grande per trovarmi così in una condizione certamente migliore pensando di aver distribuito il peso nel miglior modo. No. Rischieremmo di avere un punzonamento cioè il pilastro con il suo peso rischierebbe di entrare all’interno della fondazione e quindi di ribaltare le ali della fondazione stessa; rischieremmo di rompere la fondazione.
Può succedere però che i terreni siano inconsistenti (presenza di acqua, terreni sabbiosi, terreni argillosi) e il terreno buono si trovi ad una profondità decisamente elevata. In questo caso si tratterà di fare delle fondazioni a palificazione. Si tratta di Pali che vengono infilati nel terreno per superare la parte di terreno inconsistente e appoggiarsi alla parte di terreno buono. Ma come funziona il tutto? Ricordate il concetto delle palafitte? Si tratta dello stesso principio. Esiste un piano che è appoggiato a dei pali infissi anziché nell’acqua nella terra. Su questo piano ad appoggiarsi poi tutta la costruzione. I pali vengono infissi molto vicini gli uni agli altri, dopodiché viene fatta una gettata che va ad inglobare tutte le teste dei pali che ci sono per creare così un piano, e quindi su quel piano si va a costruire l’edificio. Il peso andrà in questo modo scaricato sul terreno buono tramite i pali. La funzione dei pali che sono tra loro molto vicini è quella di costipare il terreno in quanto la sollecitazione che essi hanno è a goccia quindi la vicinanza fa si che le onde di sollecitazione si sovrappongono costipando il terreno. (il concetto è che se infilo tanti legni in un secchio di sabbia arriverà il punto in cui faro fatica a infilare ulteriori legni in quanto la sabbia sarà costipata). Per via di questa caratteristica dei pali questi stessi possono venir usati anche solo ad uso di costipamento come nel caso di passaggi di strade, oppure per stabilizzare terreni friabile. Una volta questi pali venivano fatti in legno (Venezia), in metallo, in calcestruzzo preconfezionato sino ad arrivare a dei pali Franki ovvero il palo gettato in opera.


Muri in elevazione
Ce ne sono di diversi tipi: muri perimetrali portanti, muri di spina, muri di tamponamento e tramezzi. In passato i perimetrali portanti venivano fatti con mattoni pieni a due, tre, quattro teste e davano muri di spessore notevoli per strutture molto alte. Il muro di spina invece in passato interessava per due ragioni: primo per avere un appoggio per il tetto e poi perché in una strutture del genere senza pilastri i solai avevano un appoggio intermedio (esempio sono le case di ringhiera sui navigli – a matita). Con l’avvento poi del calcestruzzo e dei laterizi non più pieni ma forati anche la costruzione dei muri in elevazione si è modificata. Ora lo spazio tra un pilastro e l’altro non è più necessario chiuderlo con mattoni pieni portanti, quindi si tratta ora solo di tamponare e di isolare con materiali vari.
Esistono anche muri di sostegno. Possono essere fatti in muratura tradizionale, o istintivi come quelli di montagna contenuti nelle reti, possono essere di pietra squadrata con malta o non, e possono essere in costruzioni di cemento armato. Il muro di sostegno in cemento armato ha come base per il suo calcolo il concetto della trave a mensola. La funzione matematica per calcolare il muro di sostegno tra cui la più famosa è quella di coulomb, è quella di arrivare a far si che la terra che spinge sul muro non lo sposti. In pratica la spinta del terreno viene applicata nel terzo medio del muro di sostegno e questo deve tamponare la spinta stessa Per trovare la spinta del terreno bisogna tenere conto del peso specifico del terreno, dell’angolo di natural declivio, dell’altezza del muro. Una volta determinata la spinta del terreno devo verificare tre cose: che il muro non si ribalti, che non scorra e che non si schiacci. Il momento spingente deve essere minore del momento resistente: momento resistente fratto momento spingente deve essere maggiore di 1.5. in ogni cosa queste verifiche si possono anche effettuare con il metodo del parallelogrammo: la risultante di tutte le forze orizzontali e verticali deve cadere all’interno del terzo medio. In questo modo è verificato ma se invece non cade all’interno di questo terzo medio allora dobbiamo o alzare o allargare il muro.

Travi
Nei tempi antichissimi inizialmente ci fu il sistema trilitico, poi arrivarono i romani che inventarono il sistema ad arco. Come si sostiene l’arco? L’arco distribuisce equamente le forze da un lato e dall’altro sulle spalle che di solito sono dei muri di sostegno. Che tipi di archi abbiamo: archi a tutto sesto, archi ribassati e archi a sesto acuto. Nell’arco a tutto sesto abbiamo una luce che corrisponde al diametro, una freccia che corrisponde al raggio, da un intradosso e da un estradosso da due spalle da dei conci (pietre). Come fare per verificare se l’arco sta in piedi oppure no? Si prende in esame meta arco (l’altra è simmetrica). Sul concio in chiave si avrà applicata al terzo medio superiore la spinta che è data dalla gravità di arco, questa spinta si va a comporre, con il peso del concio e con il peso di ciò che spinge sopra il concio, con una forza che è applicata al baricentro. Queste due forze mi formano una risultante. Questa risultante va a comporsi con l’altra forza peso del concio successivo e di tutto ciò che spinge sopra il concio applicato al baricentro formando una seconda risultante … e così via fino ad arrivare all’estremo. Se l’ultima risultante di questa curva delle pressioni cade all’interno del terzo medio inferiore (siamo partiti dal terzo medio superiore) questo arco sta in piedi. Se cade all’esterno l’arco crolla.

Indicazioni per la progettazione del residence
Progettare un residence composto da tre palazzine su tre piani (piano terra, piano primo e piano secondo) con i tre tagli di appartamento per 2, 3 o 5 persone più una quarta palazzina di accoglienza. Per ora progettiamo solo la palazzina poi a settembre cercheremo di studiare come inserirla in un contesto più ampio.
Un residence dove gli appartamenti sono così suddivisi: Una camera con due letti, un corridoio con due letti a castello, un soggiorno con cucina a vista, due divani e un balcone. Quindi vuol dire che ci si può stare sia in quattro sia in sei. Tutti gli appartamenti devono avere il balcone (possono avere una doppia esposizione ma devono avere il balcone) e questo deve essere dalla parte del soggiorno e della cucina. Nel caso ci sia la camera da letto definita, (quella più grande) allora anche la camera da letto può dare su un terrazzo o su qualcosa del genere magari anche adatto per mangiare fuori, con un tavolo. Facciamoli di tre piani, così non ci facciamo l’ascensore.
Progettare anche una reception su un piano solo con un deposito materiali, bagagli, spogliatoi per inservienti, segreteria direzione, un bar. Parcheggio interno al residence. Si può anche eventualmente prevedere un locale interrato di lavanderia per chi risiede per più di 10 gg. e che abbia quindi necessità anche di fare il bucato.


Tetti
Esistono due tipi di tetti: a falde e piani.

Tetti a falde

Di tetti a falde ne esistono normalmente due tipi di soluzioni: tetti alla lombarda e tetti alla piemontese. Qual è la differenza tra questi due tetti? (la risposta a questa domanda si trova molte righe più sotto)
L’ultima volta avevamo parlato delle case di ringhiera che sul lato corto sono abbastanza strette e che ricordano una matita, che hanno le due falde che scendono e hanno soprattutto il muro di spina. Il problema è quello di dove appoggiare la trave di colmo (la parte più alta di un tetto) e il muro di spina serve proprio per sorreggere la trave di colmo. Un tetto a falde si compone delle due falde, travi di colmo, quindi la falda è un impluvio che raccoglie l’acqua e la manda verso i canali di gronda, scossaline o converse e da questi giunge nei pluviali che possono essere esterni o interni. I pluviali sono generalmente in rame o in acciaio anche se sempre più si va verso il P.V.C. che è un materiale certamente meno costoso. I canali di gronda invece in passato si facevano in alluminio zincato o alluminio nudo e crudo ma ora principalmente sono in rame. Il compluvio è il punto di incrocio di due falde, ovvero il punto in cui le falde raccolgono contemporaneamente l’acqua.
L’inclinazione delle falde cambia notevolmente in funzione della localizzazione dell’ambito in cui si deve operare; un conto è la pendenza di un tetto di montagna un’altra è quella di un tetto in riva al mare. Le precipitazioni d’acqua cambiano da luogo a luogo e le precipitazioni nevose e anche altro incidono notevolmente sul peso. Nel calcolo di un tetto il sovraccarico accidentale che viene ad essere calcolato è dato dal peso della neve e dal vento. Mediamente inclinazione delle falde sono in gradi o in percentuale e dalle nostre parti (prov. Milano) si aggira intorno al 40/46% - 26°/27°.
In un tetto alla piemontese la struttura e data dai puntoni che sono delle travi che da un lato poggiano perpendicolarmente al muro perimetrale, su un dormiente (una trave in legno che viene poggiata sul limite del muro perimetrale) e dall’altro alla trave di colmo. Quindi questi puntoni oltre ad essere la struttura del tetto sono anche quegli elementi che danno l’inclinazione delle falde. Questi sono posizionati ad un interasse mediamente di 1.5 m -2.0m – 2.5m al massimo e non di più. Il vuoto che si viene a creare tra puntone e puntone viene riempito a griglia da travetti perpendicolari ai puntoni da piccola orditura perpendicolare ai travetti fino ad avere la possibilità di poter applicare il manto di copertura che può essere di tegole portoghesi, marsigliesi, coppi, ecc. . le tegole sono appoggiate ai listelli e si autoreggono.
Nel sottotetto abbiamo tutti gli scarichi: vasi d’espansione dei bagni, condutture dell’acqua, de riscaldamento, ecc. Sul tetto abbiamo le torrette delle canne fumarie, delle cucine, dei bagni e quant’altro. Sarà capitato di vedere anche delle tubazioni di metallo lungo le facciate di certi condomini che generalmente sono gli scarichi dei fumi delle caldaie. Generalmente si posizionano in facciata perché non è possibile incamiciare la vecchia canna fumaria oppure perche sono delle canne Shunt. Per quanto riguarda il fumaiolo delle canne questo ha una sua altezza minima che se siamo in gronda non c’è problema ma se invece siamo a due metri circa dal colmo allora deve essere più alto del colmo di almeno un metro meglio quindi cercare di fare i fumaioli in gronda per evitare di fare fumaioli altissimi.
Il tetto alla lombarda invece è l’esatto contrario di quello che è un tetto alla piemontese. Anche in questa tipologia di tetto abbiamo la trave di colmo solo che questa non appoggia sul muro di spina che corre per tutta la lunghezza della casa bensì o su dei muretti oppure su delle capriate. Le capriate sono delle strutture un po’ particolari che hanno questa funzione. Il problema è come chiudere quello spazio che c’è tra capriata e capriata. Generalmente tra capriate e capriata c’è un interasse mediamente di 3.0m. In questo caso la struttura portante che poggia da una capriata all’altra viene chiamata arcareccio o terzera. Queste sono travi che poggiano da capriata a capriata e sono parallele alla trave di colmo. Per poi chiudere il buco tra gli arcarecci si usa la stessa tecnica di quello piemontese.
In entrambe le soluzioni la copertura può essere fatta a pannelli sandwich. Questi sono generalmente in rame, alluminio o lamiera trattata e verniciata. Hanno struttura grecata nella parte superiore e nell’intradosso di questa lamiera è fissato uno strato isolante di vario spessore, mediamente 10 cm. Il fissaggio va eseguito con chiodi di rame oppure di acciaio inossidabile per evitare che la ruggine delle vite normali si “mangi” la lamiera e quindi la deteriori.
La capriata è composta da una catena, che è un tirante in quanto assorbe gli sforzi dei due lati, da due puntoni (che sono quelli diagonali fissati da un lato direttamente sulla catena) da un monaco (il tratto verticale centrale alla struttura) e da due saettoni o falsi puntoni che uniscono il monaco con i puntoni. Questa è la più classica. La cosa più importante che interessa particolarmente comunque sono i punti di unione tra il puntone e la catena e tra il puntone e il monaco. (vedi disegno). Il primo fa da … il secondo viene considerato a cerniera. Il monaco non si appoggia alla catena per far si che nel momento del grosso carico questo non abbia a gravare sulla catena stessa (diventando un peso accidentale) andando a compromettere la stabilità della struttura. Le falde di un tetto possono anche non incontrarsi nel monaco ma avere una sorta di cartella che consenta di predisporre delle finestre per dare luce e aria al sottotetto. In questo caso però dovremmo tener conto della normativa che prevede che l’altezza media non sia inferiore a 2.40 m nei locali abitabili con tetti inclinati. Sul tetto a falde possiamo fare una infinità di aperture. Dai vecchi abbaini di una volta ai Velux (finestre inserite nella falda stessa) oppure ancora aperture come balconi, terrazzi o quant’altro. In questo caso si tratta di adeguare il tetto attraverso scossaline o catrame alla nuova caratteristica creatasi con una finestra in falda, un abbaino, un terrazzo, un balcone, e via dicendo.
Le case di ringhiera hanno generalmente il tetto alla piemontese.


Tetti piani

Anche in questo caso ne abbiamo di due tipi a terrazza calpestabile oppure non calpestabile. Ovviamente il non calpestabile è calpestabile sono per la manutenzione normale, non è un solarium. Nel caso che il tetto non sia calpestabile la struttura della soletta è come quella di un solaio, né più né meno, solo che rispetto ad solaio qualsiasi può variare lo spessore perché si tratta di un ultimo solaio. Generalmente è assolutamente coibentato e su questo solaio vi sono tutte quelle uscite di fumi e via dicendo di cui abbiamo parlato prima che ci sono su un tetto inclinato. La cosa importante è l’isolamento che deve essere a strati e gli strati devono essere incrociati. L’altro problema è quello di far defluire l’acqua. O farla defluire ai bordi della struttura quindi dare l’inclinazione alla caldana di 1% o 2 % per far si che l’acqua scorra negli scarichi che si sono posti oppure farla defluire in un punto preciso che non sia precisamente al bordo della struttura. Nel solaio calpestabile il problema si pone in quanto alla pavimentazione che in questo caso è consigliabile che sia galleggiante. Una terza soluzione non tanto utilizzata in Italia prospettata da Le Corbusier è il tetto a terrazza con lastre di cemento e tra lastra e lastra fare crescere l’erba, o avere un giardino vero e proprio.

Solai

Sono le divisioni orizzontali di un edificio. Qual è il problema principale dei solai? È quello di capire qual è il tipo di vincolo che ha agli estremi ovvero se è incastrato, appoggiato … o altro. Non deve incidere un errore di calcolo nel momento in cui andiamo a progettare questa cosa. Se sbagliamo a capire il vincolo sugli estremi avremo poi ovviamente dei problemi. Infatti a seconda del vincolo cambierà anche il momento flettente. I solai possono essere fatti in molto modi: dai tradizionali in legno a quelli in latero-cemento. I solai in legno cos’ come quelli in ferro-laterizi hanno due problemi: possono essere semplici o composti. La differenza sta nella posizione delle travi che sorreggono il solaio. Se il lato corto di un solaio ha misure modeste (max. 5 m per il legno e 6/7 m per il ferro) allora le travi poggiano da muro a muro parallelamente al lato corto e abbiamo un solaio semplice. Oltre queste misure il travetto può inflettersi sotto il proprio peso stesso. Al contrario invece il solaio composto si ha quando le luci anche del lato corto sono elevate (tipo 8 metri). Allora in questo caso bisognerà creare delle travi maestre a sezione molto elevata da disporre sempre parallelamente al lato corto ma a distanza di max. 5 m per il legno e 6/7 m per il ferro e su queste travi poggiare perpendicolarmente le travi come nel caso precedente. Sopra le travi di un solaio vengono poi inchiodate delle tavole per chiudere gli spazi vuoti tra gli interassi delle travi (interasse max. travi in legno 50/60 cm - nelle travi in ferro l’interasse è dato dalla lunghezza del tavellone che varia da 60 a 120 cm ) e sopra il solaio in legno dell’isolante e poi una piccola caldana di cemento e poi sopra o le piastrelle o il parquet, mentre nei solai in ferri e laterizi abbiamo riempimento di cretonato o quanto altro struttura di sabbia e di isolante, caldana e poi pavimento. Questo tipo di solaio può essere alleggerito creando delle camere d’aria.

Come si calcola una struttura in legno o in ferro
Generalmente si parte dal concetto di creare una trave rettangolare con sezione bxh dove h sia sempre maggiore di b. bisogna trovare la base e l’altezza della trave. Nel caso che stiamo considerando abbiamo una trave che è semplicemente appoggiata agli estremi e con carico uniformemente distribuito. Noi conosciamo la luce, il peso e le reazioni vincolari; devo trovare il momento flettente. In questo caso il momento flettente è ql2/8. Dove q è il peso in kg al metro lineare, l è la luce. Ora conoscendo il momento flettente e conoscendo il sigma δ del legno o della putrella in ferro che noi abbiamo possiamo trovare il W che è il modulo di resistenza. Momento flettente fratto sigma abbiamo il modulo di resistenza (W). Stiamo attenti al fatto che il momento flettente è in kgm il sigma è invece in kg/cm2 e il W come unità di misura è in cm3 . quello che così calcoliamo però non è il W effettivo perché mi è dato da solo da un rapporto tra momento e sigma. A noi invece interessa realmente di determinare la base e l’altezza di questa trave. Noi sappiamo che il modulo di resistenza W è dato da bh2/ 6. Da dove arriva questo rapporto? È il rapporto tra il momento d’inerzia e la distanza dall’asse neutro alla fibra più lontana in una sezione rettangolare con momento d’inerzia rispetto all’asse baricentrico. Il momento d’inerzia in quella sezione se abbiamo l’asse baricentrico (h/2 e h/2) è Mi=bh3/12; la fibra più lontana all’asse neutro x-x è h/2. Quindi se noi facciamo bh3/12 / h/2; ribaltando il tutto avremo bh2/ 6. Ora in questo caso ho due incognite ma imponendo che la base sia 0.7h la formula mi diventa ad una sola incognita. E la formula mi diventa: W=0.7h3/6 per cui h=radcubica di 6W/0.7; a questo punto trovata l’altezza e moltiplicata per 0.7 ho anche la base. Queste formule vanno anche bene sia per il calcolo dei puntoni che degli arcarecci né più né meno. L’unico problema in quei casi è trovare il momento flettente essendoci una inclinazione anche se sul manuale si trovano le formule. I risultati di h e di b si arrotondano sempre in eccesso al numero pari successivo. Arrivati a questo punto è opportuno fare una verifica. Se la struttura è legno allora la verificheremo con il W vero in pratica faremo il rapporto sigma = Mflettente / Wreale (trovato utilizzando la base e l’altezza reale) e questo dovrà essere inferiore al sigma ammissibile del legno. Se sarà superiore bisognerà apportare delle modifiche alla base e all’altezza aumentandole. Se invece si tratta di trave in ferro con laterizi una volta giunti al W controlleremo a quale W per eccesso corrisponde questo tipo di W da noi trovato. Si tiene conto sempre di un W rispetto all’asse x orizzontale. In questo momento l’asse y non ci interessa. y ci interessa solo se le travi son inclinate. Nel caso di travi inclinate il W va calcolato in funzione dell’asse x e dell’asse y. Rispetto all’asse x sarà W=bh2/ 6 ; rispetto all’asse Y sarà W=b2h/6. Tutte queste cose si trovano sul manuale.
Altri tipi di solai sono quelli in soletta piena. In Italia abbiamo tanta argilla per cui usiamo molto i solai con laterizi ma in Grecia ad esempio che non hanno argilla ma in compenso hanno molto cemento usano molto fare solai pieni in cemento armato. Nell’estremità si tratterà di capire se abbiamo un incastro o un semincastro, casserare tutta la soletta, posizionare tutti i ferri sul cassero ed eventualmente anche la rete elettrosaldata e poi gettare costipando con vibratori ad immersione. Aspettare una luna ovvero dai 24 a 28 giorni e quindi disarmare il tutto. Il calcolo della struttura non è molto complicato e le formule si trovano comunque sul manuale. Per i solai in latero-cemento invece il problema è a volte simile a volte no. Possiamo utilizzare dei travetti prefabbricati detti anche misti composti cioè da un fondello in laterizio, un traliccio in ferro e una gettata di cls. oppure dei travetti in calcestruzzo già confezionati l’unica cosa che cambia è appunto il travetto. Si assemblano posizionando i travetti poi le i blocchi in laterizio e poi il ferro e la rete e infine il getto. E dopo 24/28 giorni si disarma tutto. Ci sono poi ancora i solai con travetti gettati in opera. Anche in questo caso si tratta di casserare tutta la soletta e poi tutto il resto è uguale agli altri solai. Si possono avere anche solaio con delle costolature cioè con sezioni di travi a T. si tratta in questi casi di calcolare una trave a T. In queste travi il problema è capire dove cade l’asse neutro. Se passa attraverso le due ali e non sull’anima, questa trave può essere calcolata come se fosse una trave a sezione rettangolare dove la larghezza è quella delle due ali. Se invece l’asse neutro passa nell’ala verticale quindi nell’anima in questo caso dobbiamo trovare dove effettivamente passa l’asse neutro e calcolare le due parti staccate.


Scale

Le scale sono ovviamente i collegamenti tra due piani differenti di un edificio. Sono composte da gradini che si dividono in pedate e alzate. Le alzate vanno mediamente (non è legge) da i 15 ai 18 cm. Mentre le pedate mediamente vanno tra i 29 e i 32 cm. Altra cosa da tenere in considerazione è la larghezza delle scale le quali se si tratta di scale interne non hanno misure particolare, nel senso che possono anche essere larghe 70 cm. Se invece la scala è di utilizzo pubblico devono avere una larghezza che arriva dagli 80 cm. Al 110 cm. Secondo la normativa devono essere larghe tanto da poter far scendere una cassa da morto, in modo cioè che la cassa da morto possa girare senza doverla mettere in piedi. Le ringhiere nelle nostre zone sono mediamente alte 1.10 mt. comunque è la stessa altezza dei parapetti delle finestre e dei balconi ed è in base al regolamento edilizio. Se le scale sono però di un edificio pubblico, e quindi di grosso passaggio è evidente che la larghezza varia in funzione del numero di persone; quindi può essere 80, 160 cm. o che altro. Ogni persona ha cioè 80 cm di spazio per muoversi. La geometria delle scale è varia. Ci sono scale ad una rampa che generalmente negli edifici di civile abitazione si tende ad eliminare, almeno che non siano di servizio, come ad esempio le scale che possono portare al piano seminterrato; comunque anche queste scale devono essere interrotte da un pianerottolo di riposo; una volta superati i 10-13 scalini bisogna posizionare un pianerottolo di riposo. Il pianerottolo di riposo è quello che viene ad essere utilizzato nella famosa tromba delle scale come si dice in gergo. Le scale di una civile abitazione sono posizionate all’interno di strutture in cemento armato, così come gli ascensori, quindi hanno tre pareti di cemento armato di cui una di queste deve essere per forza perimetrale. Questo per far si che sia possibile avere una finestra direttamente sull’esterno sia per la luce sia per il riciclo d’aria nel caso d’incendio. Possono essere finestre o portefinestre, non ci sono misure standard ma devono essere finestre apribili anche perché in caso di incendio le scale diventano un vero e proprio camino. Le scale però possono essere anche a due o a tre, quattro rampe a seconda dei casi. La cosa importante è quella di dividere le alzate per il dislivello da superare e per arrivare quindi da un piano a quello successivo. Noi siamo abituati ad avere due o tre rampe nelle nostre abitazioni e quindi abbiamo il pianerottolo di riposo tra l’una e l’altra rampa. Questo pianerottolo è generalmente largo quanto la scala e copre sia l’arrivo della prima rampa sia la partenza della seconda. Le scale sono un elemento fisso. In una progettazione è uno dei pochi elementi oltre ai pilastri che lì sono e lì rimangono. Nel calcolo della scala bisogna anche stare attenti al fatto che ci sono dei punti in cui deve essere la scala e non possiamo fare altrimenti. A volte in una progettazione ci si accorge che mancano uno o due scalini per arrivare alla quota del piano superiore ma non possiamo né allungare la scala che è data dalla somma delle pedate, né possiamo alzare l’altezza della scala altrimenti diventerebbe faticosa da percorrere allora in questo caso viene utilizzato un sistema che è sempre meglio evitare ma che se proprio non c’è alternativa viene usato. Questo sistema è il piè d’oca ovvero quei gradini a forma di triangolo. Sarebbe meglio evitarli in quanto questi gradini sono particolarmente pericolosi sia nella salita che nella discesa. Infatti sul lato del muro i gradini sono sufficientemente larghi, ma verso l’interno la larghezza del gradino è pari a zero. La struttura delle scale può essere in legno, in metallo e in cemento armato. Il problema per quelle in cemento armato, così come per quelle in metallo è quello di formare delle travi che salgono che vengono ad essere legate alla trave de pianerottolo di riposo tramite dei ferri inclinati che si incastrano con degli altri orizzontali.
Esistono anche le scale antifumo ovvero scale che hanno una porta tagliafuoco rispetto al resto dell’edificio. Sostanzialmente per prendere queste scale fisicamente dobbiamo attraversare due porte, cioè una porta tagliafuoco, un piccolo spazio o che altro, e una porta che mi da’ la possibilità di accedere alle scale e questo mi da’ la possibilità di essere certo di non avere in caso di incidenti di incendio, di non avere nessun tipo di comunicazione tra la parte delle scale con la parte che viene ad essere normalmente utilizzata. 13:24  

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