Per tutti i tirocinanti che si preparano all'esame di abilitazione
mercoledì 27 marzo 2013
martedì 26 marzo 2013
lunedì 25 marzo 2013
venerdì 22 marzo 2013
giovedì 21 marzo 2013
Un libro molto utile per affrontare l'esame è " Temi svolti per GEOMETRI" - Edizioni Giuridiche Simone:
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mercoledì 20 marzo 2013
Catasto
CATASTO
La finalità dell’attività catastale è
esclusivamente di tipo fiscale,
per far pagare cioè delle imposte, nei
casi di una compravendita, di una donazione, quindi di un
trasferimento di diritti tra diversi soggetti, o nei casi di
successioni, o nel caso dell’ I.C.I. (questa infatti è calcolata
in base alla rendita catastale).
Il nostro catasto è di tipo geometrico,
particellare e non probatorio. Geometrico nel
senso che si basa su misure; le unità immobiliare sono particelle
per quanto riguarda il catasto terreni; non probatorie nel senso che
l’intestazione delle unità immobiliari non ha una valenza
probatoria della proprietà. La proprietà è garantita da un altro
sistema che è quello delle trascrizioni. Se trovate in visura delle
intestazioni queste non giustificano la proprietà; la proprietà è
giustificata da un titolo che è nella fattispecie un rogito, o una
denuncia di successione.
L’ufficio comunemente chiamato catasto è ora chiamato
Agenzia del Territorio.
Da qualche anno l’attività del catasto è stata decentrata ai
comuni e questo decentramento ha portato allo svilupparsi di diversi
uffici gestiti direttamente dal catasto i quali hanno la possibilità
di sviluppare l’attività catastale in più livelli. Il primo
livello è quello delle visure, quindi della consultazione per il
cittadino, piuttosto che la presentazione degli atti di
aggiornamento. Questo è in funzione delle convenzioni che i vari
comuni hanno fatto con l’agenzia del territorio e non è detto che
questo valga per tutti i comuni. Nel comune di Milano si può fare
l’attività di consultazione nonché l’attività di presentazione
di aggiornamenti, sia di catasto terreni che di catasto fabbricati.
Il territorio nazionale è diviso in tanti uffici che
sono in funzione delle province, quindi il catasto ha una
suddivisione provinciale.
L’agenzia del territorio è costituita da due grossi
archivi: l’archivio del catasto terreni e l’archivio del catasto
fabbricati. Il ruolo del professionista nell’ambito del catasto è
quello di aggiornare questi due grossi archivi; quindi aggiornare la
banca dati del catasto terreni secondo le procedure della circolare
2/88; e secondo il decreto
ministeriale 701/94 per quanto riguarda il
catasto fabbricati.
Elementi che costituiscono l’archivio del
catasto terreni
La cosa principale è la mappa
catastale che è la rappresentazione
cartografica o grafica del territorio e può essere in scala 1:1000,
1:1500 o 1:2000 e questo dipende dall’agenzia del territorio dove
stiamo operando. La mappa è stata redatta originariamente secondo le
coordinate Cassini-Soldner, poi sviluppate secondo le coordinate
Gauss-Boaga (proiezione su un piano delle coordinate geografiche
fatte sulla base dell’ellissoide). Può essere a perimetro aperto o
a perimetro chiuso. L’estratto di mappa
è un foglio di carta in cui viene rappresentata la mappa del
territorio che può essere in scala 1:1000 o 1:2000. Le parti in
grigio più scuro sono i fabbricati; le parti bianche sono i terreni;
le linee nere continue sono i limiti di proprietà tra i vari mappali
e il numero all’interno di queste aree a perimetro chiuso indica il
mappale: ogni area ha un numero di mappale. Ogni comune è suddiviso
in fogli e ogni foglio è suddiviso in particelle. Sull’estratto di
mappa troviamo anche delle coordinate.
Quindi l’altra cosa fondamentale della mappa sono le
particelle o i
mappali. Particelle:
ogni porzione di terreno che nello stato di fatto in cui si trova è
di per sé utile a produrre un reddito proprio è caratterizzata da
qualità omogenee e univoca intestazione. La mappa è suddivisa in
tante particelle perché evidentemente è di proprietà di soggetti
diversi, ha qualità diverse o può essere stata oggetto di un
frazionamento da una particella più grossa. Quindi la suddivisione
in particelle della mappa ha una sua ragione, che è quella di avere
un reddito proprio, qualità proprie che non è detto siano uguali a
quelle limitrofe, sia come intestazione, sia come qualità.
L’altro elemento che costituisce l’archivio della
banca dati del catasto terreni sono le monografie dei punti
fiduciali. Questi sono quegli elementi che
servono per poter predisporre l’aggiornamento della banca dati del
catasto terreni. I punti fiduciali sono monografati cioè hanno delle
monografie su cui è indicato il punto fiduciale, come si chiama, le
coordinate, la quota sul livello del mare (anche se per ora si tratta
di una quota fittizia 9.999mtl), la attendibilità (sotto forma di
codici) del punto fiduciale per quanto riguarda la coordinata nord e
quella est, riferimenti planimetrici (spigolo fabbricato sud ovest) e
altimetrici (quota cordolo), la foto del punto, l’estratto di mappa
su cui viene rappresentato il PF e un particolare in cui si indica
esattamente anche a livello altimetrico qual è la quota da battere
di questo spigolo.
Altro elemento costitutivo della banca dati del catasto
terreni sono i tipi di frazionamento, i tipi mappali, tipi
particellari piuttosto che le domande di voltura che sono state
presentate per aggiornare la banca dati. Il catasto terreni è un
archivio in continuo aggiornamento.
Elementi che costituiscono l’archivio del
catasto fabbricati
Gli elementi costitutivi sono la scheda,
la planimetria catastale
e la rappresentazione grafica generalmente in scala 1:200 (anche in
scala 1:500 per fabbricati molto grossi) dove viene rappresentata la
distribuzione interna della singola unità immobiliare. Per ciascun
locale viene indicata la destinazione d’uso, quanto meno viene
indicata la destinazione d’uso che è utile ai fini del calcolo
della rendita catastale. Viene indicata la provincia, il comune, la
via, l’identificativo (il foglio, il mappale e il subalterno), chi
ha presentato l’aggiornamento e poi nella planimetria viene
indicata quella che è la distribuzione interna dei locali, nonché
le coerenze ovvero tutto quello che gli sta intorno. Le coerenze sono
fondamentali per i notai per redigere gli atti notarili. Danno la
dimensione di quello che è l’oggetto di riferimento. Le
planimetrie catastali sono consultabili solo per chi è il
proprietario. Si può comunque delegare un professionista.
La conservatoria dei registri
è il luogo dove vengono conservati tutti i rogiti che comportano il
trasferimento di diritti reali in merito ad unità immobiliare,
quindi nel caso di compravendite, nel caso di divisioni ma anche nel
caso di successioni. La successione viene trascritta d’ufficio. La
successione è un documento fiscale, viene predisposta entro un anno
dalla morte del defunto dagli eredi e può essere legittima o
testamentaria. Legittima quando ci sono degli eredi stabiliti per
legge; testamentaria invece quando esiste un testamento olografo
sottoscritto e redatto di pugno dal de cuius in cui stabilisce a chi
vanno determinati immobili. Questo è un documento fiscale e viene
predisposto all’ufficio del registro, si pagano delle imposte e poi
l’ufficio del registro nel caso della successione passa alla
conservatoria dei registri la successione che viene trascritta. Nel
caso invece di compravendite o divisioni è il notaio che redige
materialmente il rogito che si occupa della trascrizione, della
presentazione della domanda di voltura.
La trascrizione all’ufficio della conservatoria
che adesso si chiama ufficio di pubblicità
immobiliare e l’aggiornamento
dell’intestazione catastale, quindi della
domanda di voltura. Questi sono gli adempimenti. Si trascrive il
rogito nella conservatoria in cui si trova l’immobile e non dove
viene redatto l’atto. Si tratta di circoscrizioni appunti e ogni
atto va trascritto nella propria circoscrizione. La conservatoria di
Milano si divide in tre categorie. Una per gli atti molto vecchi cioè
quelli precedenti al 1973 e si chiama Milano3; quelli successivi si
dividono ancora in due: che sono Milano1 per gli immobili di Milano
città e Milano 2 quelli della provincia. La trascrizione del rogito
è temporale, cioè in funzione di quando viene trascritta e la
ricerca viene fatta in funzione del soggetto. La ricerca in
conservatoria si fa per nome, cognome e data di nascita. Dal 1995 ad
oggi con l’avvento della telematica la ricerca anche in
conservatoria è possibile farla con altri elementi, per esempio per
immobile (conoscendo il foglio e il mappale di un immobile).
Altro elemento fondamentale del catasto fabbricati è
l’elaborato planimetrico. Questo è la suddivisione in subalterni
di un complesso immobiliare là dove andate a censire un fabbricato
nuovo, oltre alla planimetria catastale della singola unità
immobiliare dovete andare a predisporre quello che è l’elaborato
planimetrico. Quote in senso orario. L’elaborato planimetrico non è
altro che come nella planimetria catastale un foglio in A3 in scala
1:500 in cui si dice sempre intanto che è un elaborato planimetrico,
che è stato compilato da questo tecnico, il foglio e il mappale su
cui stiamo lavorando e c’è la dimostrazione della suddivisione in
subalterni dell’intero complesso, vengono indicate le parti comuni
a tutti i subalterni e le varie unità immobiliari. Ora viene
indicata anche la consistenza della singola unità immobiliare.
Altro elemento che contiene l’archivio del catasto
fabbricati sono tutti i DOCFA, le domande di voltura che andiamo a
presentare per aggiornare la banca dati. Il DOCFA è un documento su
carta che andiamo a predisporre anche in formato informatico. Il
modello che viene predisposto è il modello unico informatico di
aggiornamento degli atti catastali accertamento della proprietà
immobiliare urbana. Il DOCFA è il documento che materialmente
andiamo a presentare. Come dicevamo abbiamo anche la possibilità di
predisporre gli aggiornamenti e presentarli in via telematica. La via
telematica ci dà la possibilità di predisporre in ufficio il
documento, farlo firmare sulla carta al nostro cliente, firmarlo in
via digitale con delle apposite chiavi che potete fare tramite la
camera di commercio, e quindi inviare il file all’agenzia del
territorio. Ci si collega su SISTER e si invia la pratica, che può
essere appunto un DOCFA o un PREGEO. A questo punto bisogna aspettare
la risposta da parte dell’agenzia in cui ti comunicano che la
pratica è stata validata.
Cerchiamo di leggere le mappe
L’osso di morto collega la
parte fuori terra con la parte sopraterra di un edificio. In pratica
vuol dire che è sempre lo stesso numero. Significa che la parte di
terreno circostante ha lo stesso numero della parte di fabbricato.
Parti tratteggiate indicano
gli aggetti. Significa che non tocca terra, una struttura del tipo a
tettoia o comunque qualche cosa che non poggia a terra.
Parti tratteggiate all’interno di parti nere:
si tratta di portici.
Parti puntinate: sono parti
interrate e vengono collegate al fabbricato appunto con queste ossa
di morto o doppie ipsilon
Mattoncini: indicano
aggiornamenti fatti di recente
I numerini cerchiati:
indicano i punti fiduciali
CATASTO
TERRENI
Il catasto terreni rappresenta l’inventario del
territorio nazionale: necessita di continui aggiornamenti sulla base
delle nuove edificazioni e delle variazioni. È obbligatorio per i
proprietari di unità immobiliari censite al catasto terreni
denunciare i cambi di coltura con il DOCTE o l’articolo 26, le
variazioni di consistenza o di destinazione che si fanno nel caso in
cui c’è tipo un mappale in cui edifichiamo un fabbricato,
frazioniamo un mappale per venderne una parte … ; e le variazioni
rispetto all’intestazione dei diritti reali: le volture (le domande
di volture). Questi sono gli adempimenti che sono obbligati ad
eseguire i proprietari o chi per essi nel caso di compravendita,
donazioni, c’è un notaio che predispone il rogito e la domanda di
voltura dovrà predisporla lui. L’accertamento delle unità
immobiliari censite al catasto terreni è disposto per particella o
mappale. È considerata particella ogni
porzione di terreno che nello stato in cui si trova è di per se
stessa utile e atta a produrre un reddito proprio.
(Il catasto, lo abbiamo già detto, ha una finalità fiscale). È
caratterizzata da una qualità omogenea e univoca intestazione. (Una
particella è caratterizzata da essere un seminativo irriguo, una
risaia, … quindi solo con quella destinazione; e da una sola
intestazione: un’unica particella non può essere intestata a più
persone con percentuale del 100%)
Fonti normative
D.P.R. 650 del 26/10/72 con cui si stabilisce il
perfezionamento e la revisione sul tema catastale e poi, fondamentale
per chi lavora e aggiorna la banca dati del catasto terreni la
circolare 2/88. Questa è la circolare che viene utilizzata ancora
oggi sulla base della quale vengono predisposti gli aggiornamenti di
catasto terreni. Poi ci sono una serie di circolari che seguono ma
che sono a corollario, ad integrazione di questa.
D.P.R. 650 del 26/10/72
L’articolo 1 del D.P.R. 650 del 26/10/72 – gli atti
del catasto terreni – si stabilisce che costituiscono il catasto:
la mappa particellare, l’elenco o lo schedario delle particelle, il
registro o lo schedario delle partite, e la matricola o lo schedario
dei possessori. Tutti questi elementi rappresentano una realtà che
valeva nel 1972, quando ancora la meccanizzazione non c’era. Adesso
c’è una banca dati che il nostro SISTER dove tutti questi elementi
sono su base informatica. All’epoca era tutto cartaceo e quindi
c’era l’elenco o lo schedario delle particelle ecc. ecc. …
tutto questo ora noi lo troviamo in SISTER.
Nella provincia di Milano di mappa catastale ne esiste
una, sia per quanto riguarda il catasto fabbricati sia per quanto
riguarda il catasto terreni. In alcune province invece esistono
materialmente proprio due mappe, quella del catasto terreni e quella
del catasto fabbricati. È intenzione comunque, questa è
l’indicazione, di unificarle tutte su una mappa sola. Il problema è
che quando si hanno due mappe può succedere che lo stesso mappale
abbia due numeri diversi.
Una cosa che non abbiamo detto prima è che le mappe a
Milano sono a perimetro chiuso per cui i vari comuni della provincia
di Milano, son tutti suddivisi per foglio e in ogni foglio le
particelle sono chiuse mentre in altre province le mappe sono a
perimetro aperto per cui alcuni mappali li troviamo in parte su un
foglio e in parte su un foglio limitrofo. Questa è una notevole
complicazione per chi deve lavorare su quei fogli.
Obbligo delle volture catastali.
Ogni qual volta vengono posti in essere atti civili, giudiziali,
amministrativi, che diano origine al trasferimento di diritti reali
deve essere predisposta la domanda di voltura. Questa domanda è un
obbligo che ha il notaio nel momento in cui predispone il rogito
oppure è un obbligo degli eredi in caso di successione. Le volture
devono essere richieste mediante presentazione di apposite domande
nel termine di trenta giorni dall’avvenuta registrazione degli atti
o delle denunce di cui ai precedenti commi quindi nel caso delle
successioni.
Presentazione di tipi di frazionamento.
Quando il trasferimento di beni immobili comporta il frazionamento di
particelle devono essere preventivamente presentate all’ufficio
tecnico erariale il corrispondente tipo di frazionamento firmato da
un architetto, un ingegnere o un geometra iscritto all’albo. Il
tipo deve essere presentato in doppio originale (oggi con l’avvento
del telematico si aspetta la risposta dell’ufficio i quali mandano
il file con il doppio originale).
Redazione di tipi di frazionamento.
Le linee delle nuove dividenti devono essere definite mediante misure
prese sul terreno e riportate sul disegno quindi georeferenziate
sulla mappa. Le misure devono essere rigorosamente riferite a punti
e a linee stabili esattamente identificabili sul terreno oltre che
riconoscibili sulle mappe catastali.
Controlli e sopralluogo delle misure.
L’ufficio tecnico erariale ha facoltà di effettuare in qualsiasi
momento il controllo delle misure che voi andate a redigere. I punti
di riferimento definite da coordinate analitiche a cura
dell’amministrazione del catasto verrà introdotto gradualmente su
ciascun foglio di mappa un numero sufficiente di punti di riferimento
collegati a capisaldi stabili sul terreno le cui coordinate le cui
coordinate analitiche permettono l’appoggio ad essi per ogni nuovo
rilievo topografico (E’ la monografia dei punti fiduciali che
abbiamo visto prima). I punti fiduciali ci servono perché a seguito
della predisposizione degli aggiornamenti noi andremo a riferire il
nostro rilievo a questi punti che hanno coordinate note, quindi la
georeferenziazione del nostro rilievo, delle linee di mappa che noi
andremo ad introdurre sarà georeferenziata sulla base dei tre punti
fiduciali che è il minimo che stabilisce la circ. 2/88 per redigere
un aggiornamento.
Circolare 2 del 26/02/88
La direzione generale del catasto servizi tecnici
erariali ha fornito le disposizioni per la presentazione e la
trattazione degli atti geometrici di aggiornamento della mappa
catastale, nel quadro delle possibilità offerte dalla strumentazione
topografica. Nella sostanza si è predisposto una standardizzazione
di quello che è il procedimento, quindi si è sostituito quello che
erano gli aggiornamenti fatti con gli allineamenti e gli squadri a
quello che è invece il rilievo topografico. Quindi il rilievo
topografico fatto con il teodolite o adesso anche è stata
predisposta per l’utilizzo del GPS. Quindi la standardizzazione dei
criteri e la modernità e dell’utilizzo dei vincoli di appoggio;
una individuazione, una puntualizzazione dei canoni di buona tecnica
di rilievo; un concetto più corretto per la definizione della
qualità topografica espressa in funzione del confronto esercitato
sul terreno anziché sulla base dei corrispondenti elementi
desumibili dalla rappresentazione cartografica, quindi un confronto
tra la mappa e quello che è il rilievo.
La redazione di un atto di aggiornamento richiede
essenzialmente il rispetto di tre requisisti:
- individuazione dell’oggetto e rilievo di aggiornamento,
- l’assunzione delle misure per dare forma e contenuto allo stesso, quindi se dovete andare a fare un frazionamento la sostanza è la nuova linea dividente, se dovete andare ad inserire un fabbricato sarà il contorno del fabbricato
- l’assunzione delle misure per l’inquadramento dell’oggetto e il rilievo nella rete dei punti fiduciali, quindi tutte le misure che andrete a predisporre mediante una poligonale aperta, o una poligonale chiusa, o tramite gps dovrete andare a riferire le vostre misure a quelle che sono il rilievo dei punti fiduciali. Quindi la georeferenziazione, con coordinate note, di tutto l’oggetto del rilievo
Pertanto negli atti di aggiornamento devono essere
riportate le norme che seguono per soddisfare esigenze tecniche che
rendano validi i documenti sottoposti al controllo e alla loro
gestione da parte dell’amministrazione.
Gli aggiornamenti
che noi andiamo a predisporre per quanto riguarda la banca dati del
catasto terreni sono:
- tipi di frazionamento
- tipi mappali
- tipi particellari
Tipi di frazionamento:
abbiamo una particella e la vogliamo dividere in due o più porzioni
Tipi mappali:
abbiamo una particella e ci vogliamo
costruire sopra un fabbricato di nuova costruzione
Tipi particellari: le
parti vogliono vendere a misura e il tecnico che viene incaricato di
predisporre il tipo particellare misura fisicamente quello che è il
confine dei lotti e ne dà una quantificazione precisa, con delle
misure precise.
Tipi di frazionamento:
l’oggetto primario del rilievo è costituito dalle linee dividenti;
a modifica di quanto previsto delle attuali normative l’accettazione
da parte dell’ufficio dell’atto di aggiornamento è vincolato
dalle seguenti disposizioni.
- Qualora la superficie della particella originaria risulti minore di 2.000,00mq il rilievo che il tecnico dovrà redigere dovrà prevedere la misurazione di tutti i vertici del lotto
- Nel caso in cui le particelle che vengono realizzate sono anch’esse di superficie inferiore di 2.000,00mq allora anche in questo caso abbiamo l’obbligo di redigere il rilievo e misurare tutti i vertici del lotto delle varie particelle
- Nelle operazione di campagna potranno non essere rilevate a deroga di quanto sopra stabilito soltanto quei vertice delle particelle non identificabili in modo univoco sul terreno, perché non materializzati o non ricostruibili attraverso atti ufficiali in possesso delle parti (qualora ci troviamo in un cantiere dove non c’è la recinzione, il contorno del lotto non è identificabile allora a deroga di questa disposizione possiamo non contornare il perimetro del lotto che andiamo a trattare. Il verificarsi della situazione suddetta dovrà essere opportunamente evidenziata nella relazione tecnica che andremo a predisporre nel PREGEO. Dichiareremo in questo caso nella relazione tecnica che non essendo possibile rilevare l’intero lotto quindi le aree che andiamo a trattare hanno una superficie nominale e non una superficie reale.
Tipi Mappali:
l’oggetto primario del rilievo è costituito dai contorni del
fabbricato ed eventualmente dalla definizione del lotto di
pertinenza. A modifica di quanto previsto nell’attuale normativa si
dispone che: qualora ci sia un aggiornamento della mappa fatto di
recente con un frazionamento, in cui sono stati rilevati i contorni
del lotto, potremo redigere il nuovo atto di aggiornamento per
l’inserimento del fabbricato appoggiando il nostro rilievo ai soli
contorni del lotto. Oppure qualora il lotto abbia una superficie
inferiore ai 20 mq potremo farlo come modesta entità quindi indicare
le coordinate del lotto senza riferirle a quelli che sono i punti
fiduciali.
Tipi Particellari:
nel caso in cui facciamo il trasferimento a
misura l’oggetto del rilievo è il lotto quindi la superficie del
lotto. Quindi andremo a dichiarare la superficie reale del lotto.
PREVENZIONI INCENDI
PREVENZIONI
INCENDI
Ovviamente quando si progetta bisogna tener conto di una
serie di aspetti. Tentiamo ora di fare un breve riassunto sulla
normativa e poi andiamo al sodo. La legge 626 ora è stata raccolta
nel decreto legislativo 81/08. Questo decreto è relativo alla salute
dei lavoratori, ovvero analizza tutti i rischi che ci sono
nell’azienda per garantire la salute del lavoratore. In ogni
azienda ci sono dei rischi per la salute dei lavoratori, rischi che
titolare dell’attività deve tentare di limitare o al massimo se
non proprio limitare almeno gestire. Esiste quindi anche un discorso
Gestione Emergenza. La
gestione delle emergenze nelle aziende, in merito alla prevenzione
incendi, viene analizzata da un decreto che è il D.M. 10/03/1998.
Un aspetto della sicurezza è senz’altro quello della
prevenzione incendi, prevenire cioè l’insorgere di un incendi e
qualora dovesse capitare un incendio per vari motivi cercare di
limitarne la propagazione, di limitare i danni sia a cose che a
persone. Quindi lo scopo in fase di progettazione è proprio quello
di cercare di applicare le normative di riferimento alla realtà. Il
legislatore ha emanato alcune normative, per alcune attività per
altre no. C’è un decreto al quale voi dovere far riferimento in
fase di progettazione che è il D.M. 16/02/1982. Questo è un elenco
di 97 punti dove per ogni codice c’è una descrizione. Durante la
fase di progettazione devo capire se la mia attività è soggetta al
rilascio del certificato prevenzione incendi (C.P.I.) che è un
documento che attesta di aver fatto e di aver adempiuto a tutto
quello che la normativa prevede per la sicurezza della prevenzione
incendi. Per capire se la mia è un’attività soggetta al rilascio
del C.P.I. devo capire di che attività si tratta e guardare questo
decreto. Supponiamo di costruire una palazzina dove al piano
interrato ho delle autorimesse, e un impianto di riscaldamento
centralizzato. La palazzina è alta più di 24 metri, ho l’obbligo
di fare il certificato di prevenzione incendi? Si perché supera i 24
metri. Infatti l’articolo 94 del D.M. 16/02/1982 dice proprio che
per Edifici
destinati a civile abitazione con altezza in gronda superiore a 24
metri c’è l’obbligo del C.P.I. . Poi
abbiamo anche l’autorimessa interrata quindi il corsello di manovra
è coperto. L’autorimessa conterrà circa 40 autoveicoli. Leggiamo
l’articolo 92 che dice: Autorimesse
private con più di 9 autoveicoli, autorimesse pubbliche, ricovero
natanti, ricovero aeromobili. Quindi anche
per quanto riguarda l’autorimessa c’è obbligo di richiedere il
C.P.I. guardiamo ora il discorso dell’impianto di riscaldamento.
Che potenzialità avrà l’impianto di riscaldamento? La normativa
91 dice:
Impianti
per la produzione del calore alimentati a combustibile solido,
liquido o gassoso con potenzialità superiore a 100.000 Kcal/h.
Quindi se supera i 100.000kcal/h, circa
116 kilowatt ho l’obbligo del C.P.I. vuol dire che è attività
soggetta a richiesta di C.P.I. . Questo però non vuol dire che se io
ho un impianto di 100 kilowatt non debba applicare la normativa. Se
l’impianto va dai 35 ai 116 kilowatt non ho l’obbligo del C.P.I.
ma lo relaziono, faccio vedere il particolare, pianta, sezione,
analizzo l’applicazione della norma; invece fino ai 35 kilowatt non
ho l’obbligo, né del C.P.I. né di relazionare, l’impianto deve
comunque essere a norma. In ogni caso posso sempre presentare
comunque la pratica per chiedere un parere.
Tutte
le attività che rientrano in questo elenco vengono dette in base al
D.M. 10/03/98 attività a medio rischio di
incendio. Se invece si tratta di attività
che non rientrano in questo elenco perché hanno caratteristiche
inferiori a quelle minime previste (altezza palazzina inferiore a 24
metri, meno di 9 auto nell’autorimessa, meno di 116 kilowatt, ecc.
allora vengono dette a basso rischio di
incendio. Se invece hanno particolari
caratteristiche che rendono ancora più rischiosa l’attività
svolta allora vengono dette ad alto rischio
incendio (p.e. aziende petrolchimiche)
Una
volta valutati questi aspetti allora mi leggo il d.p.r. 37 del
12/01/1998 questo è un decreto che regolamenta l’iter procedurale
per ottenere il C.P.I. In questo decreto viene proprio detto come
fare per presentare e richiedere agli uffici (comandi provinciali)
competenti per ottenere il C.P.I. . In pratica si tratta di fare una
richiesta su un modello particolare del ministero, tavole grafiche,
relazione tecnica. In più c’è un versamento da fare a favore dei
vigili del fuoco che varia in base al numero di ore che il vigile del
fuoco dedica allo studio della pratica. Per ogni attività vengono
ipotizzate delle ore di studio, queste vengono moltiplicate per un
importo orario e si ottiene la somma da versare ai vigili del fuoco.
Faccio firmare al cliente tutta la pratica e la presento allo
sportello. E siamo alla prima fase. A questo punto dopo un certo
tempo il mio progetto mi viene riconsegnato approvato. Vado dal
committente e gli faccio eseguire tutte le opere prescritte dal
progetto, e una volta eseguite le opere devo avere tutti certificati
ce attestano di aver eseguito tutte le opere conformemente. Gli
impianti elettrici, gli impianti di riscaldamento, ecc. … con tutti
questi documenti faccio ora una seconda richiesta ai vigili del fuoco
in cui dichiaro che abbiamo finito di fare tutto e chiedo che vengano
fuori a controllare; pago ancora sempre con lo stesso criterio di
prima. A questo punto bisogna aspettare che escano i vigili del fuoco
per fare il controllo con il problema che spesso sono molto lunghi
con i tempi. Ora però il D.P.R. 37 ha detto che se tu che hai svolte
le attività ti prendi tutta la responsabilità che hai eseguito le
opere conformemente al progetto e lo dichiari attraverso un documento
scritto questo vale fino a che i Vigili non escono a quel punto
decade e viene rilasciato il C.P.I. . Il certificato ha una scadenza
e dopo un tot di anni va rinnovato. Si può dichiarare che non è
cambiato nulla rispetto all’ultima volta oppure dichiarare le
variazioni. In questo secondo caso si riparte con tutta la procedura.
La durata cambia a seconda dell’attività va dai tre ai sei anni.
Tutta la modulistica per queste operazioni è rilasciata dal
ministero ed è indicata nel D.M. 04/05/98.
Autorimesse
Palazzina alta 13,18mt, quindi non è attività
soggetta; al piano seminterrato ho l’autorimessa a box.
L’autorimesse hanno una norma tecnica di riferimento che è il D.M.
01/02/1986. Guardiamo un esempio al videoproiettore. Le autorimesse
possono essere di tipo isolate
o miste. Sono isolate
quando sono degli edifici dedicati esclusivamente a questo uso; miste
sono tutte le altre (corpo box + cantine + edificio). Può essere
interrata o fuori terra. Aperta o chiusa; aperta quando c’è una
superficie di aerazione maggiore ad una certa percentuale (tipo
l’Autosilos). Sorvegliata o non sorvegliata; se ha o meno il
custode; può essere a box o a spazio aperto; a box quando è
contenuta da muri divisori tra un box e l’altro libera invece
quando non li ha. La normativa applica determinati criteri alle
autorimesse a seconda che abbiamo più o meno di nove box. (Nel
nostro esempio si tratta di un’autorimessa superiore ai nove box).
Le
rampe
La rampa di accesso
dell’autorimessa che va a servire fino a 15 autoveicoli può avere
una larghezza di 3 metri e deve avere due rampe una per l’ingresso
e una per l’uscita. Se però la normativa non è applicabile si può
andare in deroga dando delle misure alternative: “non potendo
applicare le normative di riferimento alla rampa viene data una
larghezza di 4,5 metri per consentire il doppio senso di marcia su
un'unica rampa”. Il legislatore per andare incontro a tutte le
esigenze ha dato la possibilità di andare in deroga a certe
normative. Esiste quindi una circolare di riferimento D.M. 22/11/2002
anzi la circolare è quella del 28/8/1995. In questa circolare si
stabilisce che nelle autorimesse da 15 a 40 autoveicoli si può avere
un’unica rampa non inferiore a 3,0 metri di larghezza purché venga
installato un impianto semaforico che regoli il transito a senso
unico alternato. La pendenza non deve essere superiore al 20% e il
raggio minimo di curvatura non deve essere inferiore a 7,0 metri con
una rampa a senso unico e fino a 40 autoveicoli. Arrivati
nell’autorimessa abbiamo i box, come sono fatti i box? Secondo la
normativa box è definito quel locale che non deve avere una
superficie di parcamento superiore ai 40 mq oltre i 40 mq lo devo
chiamare autorimessa. Tra box e box la normativa dice che devo avere
una resistenza al fuoco delle strutture R.E.I. 30. In pratica vuol
dire che quel muro devo resistere al fuoco per trenta minuti. R si
riferisce a strutture portanti, pilastri e travi E.I. è una
struttura di chiusura, non deve passare né i fumi né il calore. Un
pilastro può essere R non potrà essere R.E.I. Una parete invece
può essere anche E.I. perché deve garantire che l’incendio da un
lato del muro non faccia passare calore e fumi dall’altra parte del
muro. Anche per i solai devo garantire che l’incendio non vada
nelle abitazioni superiori, quindi devo garantire una
compartimentazione. R.E.I. 90 perché la normativa prevede che la
struttura di separazione con altri ambienti deve esserci una
resistenza al fuoco non inferiore a 90. Tra box e box 30 invece per
strutture facenti parte dell’attività R.E.I. 90. Se avessi avuto
un’autorimessa strutturalmente indipendente da un edificio a fianco
la normativa prevede per la separazione un R.E.I. 120 che si può
portare a 90 mettendo un impianto di spegnimento. La muratura che
divide l’autorimessa dall’altra attività deve essere R.E.I. 90.
La normativa dice che fino a 40 autoveicoli la porta di comunicazione
tra l’autorimessa e le cantine o comunque gli altri ambienti, deve
essere una porta R.E.I. 120. (la struttura 90 e la porta 120 --- buco
nella normativa). Ricordarsi per qualsiasi lavoro di avere le
certificazioni dei materiali e la certificazione della corretta posa.
Anche la separazione con l’immondezzaio deve essere 90 con porta da
120. I box generalmente hanno una griglia di aerazione; questa
griglia deve essere pari ad 1/100 della superficie in pianta del box.
L’autorimessa invece ha necessità di avere oltre alle griglie di
areazione sulla basculante anche un’areazione diretta che deve
essere 1/25 della superficie in pianta dell’autorimessa. Ovviamente
tutti i box messi insieme formano l’autorimessa in pratica è un
comparto. Quindi tutta la superficie di questo comparto deve avere
una areazione diretta che deve essere anche in questo caso minimo
1/25 della superficie del comparto (dell’autorimessa). Quindi si
predisporranno delle griglie a soletta o delle bocche di lupo
omogeneamente distribuite su tutta la superficie. Se l’autorimessa
fosse su più piani bisognerebbe rendere indipendenti le griglie
d’areazione di un piano da quelle di un altro piano. In pratica
devo fare delle canalizzazioni che sono tipo quelle Shunt; in pratica
si tratta di canne fumarie dove ognuna si immette nell’altra
evitando che il fumo del piano di sotto ritorni al piano di sopra ma
va direttamente all’esterno.
Le porte. Dalle autorimesse poi bisogna poter scappare
in caso di incendio quindi bisogna predisporre delle porte. La
normativa ci dice che ci devono essere almeno 2 uscite contrapposte e
nel caso di due uscite contrapposte bisogna che almeno una sia da 120
(due moduli da 60) e l’altra posso anche farla da 60 (un modulo da
60) le porte devono avere il dispositivo di autochiusura, il
maniglione antipanico e devono aprirsi verso l’esterno di modo che
chi scappa possa fuggire più velocemente. La rampa di accesso può
comunque essere considerata come via di fuga a patto che in cima alla
rampa non sia messo un cancello.
(Ad una domanda in merito al Corsello viene chiarito che
questo è parte integrante dell’autorimessa per cui non viene
considerato un altro ambiente da difendere in maniera particolare
come può essere un’abitazione – il corsello non ha bisogno di
essere compartimentato separato in quanto fa parte dell’autorimessa)
Vediamo ora gli estintori che sono indicati con una
simbologia e cioè con la lettera E. Esiste comunque un decreto che
stabilisce tutte queste simbologie D.M. 30/11/1983.
Per quanto riguarda l’acqua la normativa prevede che
fino a 50 autoveicoli io posso non fare l’impianto idrico
antincendio e fare la copertura con estintori. La normativa prevede
che da 1 a 20 autoveicoli 4 estintori cioè uno ogni 5 autoveicoli;
questo per i primi venti; poi fino a duecento uno ogni 10
autoveicoli; oltre 200 avremo 1 estintore ogni 20 autoveicoli. In
pratica con 260 autoveicoli si avrebbe un totale estintori in numero
di 25. Nel caso del nostro esempio abbiamo 17 autoveicoli per cui
avremo 4 estintori portatili.
Per quanto riguarda il caso dei box doppi c’è da dire
che la normativa dei VV.FF. non accetta i box doppi che prevedono la
soluzione di due macchine una dietro l’altra. Accetta solo la
soluzione di una macchina sopra e una sotto (con l’impianto di
sollevamento) oppure una a fianco dell’altra.
Nel nostro esempio l’impianto idrico antincendio non
serve in quanto abbiamo meno di 50 autoveicoli. Ma quando si superano
i 50 autoveicoli allora siamo obbligati a mettere le manichette, gli
idranti (sono delle cassette rosse con dentro una tubazione con una
lancia). In questo caso devo garantire un minimo di portata e di
pressione. Devo predisporre un numero adeguato di manichette. Per
scoprire quante manichette devo determinare quant’è la superficie
totale di parcamento. In pratica in ogni punto della mia attività io
devo raggiungere la mia manichetta (uni 45). Per superficie di
copertura s’intende che dalla mia manichetta devo tirare una linea
retta (si dice a filo teso) per vedere dove riesco ad arrivare per un
massimo di 20 metri perché la lunghezza della tubazione normalmente
è 20 metri. La normativa UNI 10779 (normativa che parla degli
impianti antincendio) dice che le manichette devono essere
considerate di 20 metri + 5 del getto d’acqua. I 5 del getto però
non vengono mai considerati, si considera sempre 20 metri. Quindi
devo posizionare un certo numero di Naspi in modo da coprire tutta la
mia superficie. Il problema è che normalmente si fanno questi
impianti collegati all’acquedotto, ma l’acquedotto non mi da’
la garanzia al cento per cento di una certa portata e una certa
pressione d’acqua. Le caratteristiche idrauliche dell’impianto
antincendio per autorimesse dice che bisogna avere un portata non
inferiore a 120 litri al minuto e una pressione di almeno 2 Bar.
L’impianto deve essere dimensionato per la portata totale
considerando contemporaneamente il funzionamento del 50 % degli
idranti presenti. Se ne ho 4 devo considerare almeno il funzionamento
contemporaneo di 2. Se l’acquedotto non mi riesce a garantire
questa portata e pressione allora è il titolare dell’attività che
deve farsene carico. E qui subentriamo nel fatto che può essere
richiesto un gruppo ponte, una vasca di contenimento e via dicendo.
La normativa uni 10779 regolamenta gli impianti
antincendio, portata e pressione in base sempre al livello di
rischio. Se ho un deposito di materiale ferroso il rischio incendio
sarà praticamente quasi nullo quindi faccio una valutazione 1 di
rischio d’incendio e con questo rischio la normativa mi permette i
mettere dei Naspi. Il naspo è un girello con arrotolata una specie
di canna dell’acqua e ha una portata e una pressione inferiore 1.5
bar. La normativa dice che non devo aprirne il 50 % ma basta che io
ne apra 4. Se ne ho 20 ne deve aprire 4 se ne ho 2 ne apro 2 se ne ho
4 ne apro 4 contemporaneamente. In questo caso si tratta di una
pressione dinamica e non statica; non ci metto il manometro ma apro
l’acqua e misuro quanta ne esce quando ne ho 4 contemporaneamente
aperti. Se invece ho il livello di rischio 2 la normativa mi dice che
posso mettere i Naspi ma anche gli idranti. In questo caso devo
garantire 2.0 bar di pressione e ne apro sempre tre non il 50%. Tra
idranti e naspi c’è una diversità. Con i Naspi è concesso
mettere una tubazione fino a 30 metri. Al livello 2 oltre alla
protezione interna devo garantire anche una protezione esterna (p.e.
le colonnine fuori dai supermercati, al cinema ecc) queste hanno una
pressione e una portata ancora più alta 160 litri al minuto con 3
bar di pressione.
COSTRUZIONI E TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI
COSTRUZIONI
E TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI
Fondazioni
Ci possono essere due tipi di fondazioni, dirette
o indirette. A seconda che poggino
direttamente o indirettamente sul terreno. Prima di arrivare però a
decidere se fare delle fondazioni dirette o indirette dobbiamo
conoscere che tipo di terreno abbiamo di fronte ovvero dobbiamo fare
uno studio del terreno soprattutto per conoscere quello che è il suo
sigma, cioè la portanza (quanto il terreno resiste ad uno sforzo).
Per fare delle prove sul terreno ci sono vari metodi ed uno di questi
è quello del penetrometro, o quello del piano con i vari martinetti
idraulici. Questi sono strumenti formati da una base piana di area
conosciuta e di peso noto che vanno ad incidere o su un penetrometro
che va a penetrare nel terreno e quindi si misura quanto entra nel
terreno e quindi quanto il terreno resiste a questo sforzo oppure dei
martinetti che mi indicano di quanto alcuni elementi entrino o meno
nel terreno. Un terzo sistema è quello del carotaggio, il quale
viene fatto normalmente quando sappiamo di trovarci di fronte ad un
terreno incoerente e quindi ci serve assolutamente sapere che tipo
di strati di terreno, quanti strati di terreno, di che tipo e di che
dimensioni, noi dobbiamo attraversare prima di arrivare al terreno di
fondazione adatto.
Scavando, può succedere che ci si trovi di fronte a
presenza di acqua. Dovendo intervenire per sistemare le cantine di
abitazioni che hanno le fondazioni immerse nell’acqua come si
interviene? In passato si potevano fare delle paratie che isolavano
la zona di fondazione poi sono arrivate le Ture in metallo che sono
maschiate e quindi si possono comporre per dare la forma desiderata.
Poi si aspira l’acqua all’interno del “recinto”. Se invece
sono degli scavi molto profondi in presenza di acqua vengono usate le
campane pneumatiche, le quali sono delle camere a tenuta che vengono
immerse nel terreno e man mano che si fanno i lavori la campana sale.
Questa campana è collegata alla superficie tramite un camino per la
discesa dei materiali e del personale e dei macchinari.
Le fondazioni dirette abbiamo detto che sono quelle che
poggiano direttamente sul terreno. Le più conosciute sono quelle a
fossa continua, a platea che sono quelle fondazioni usate per
strutture non necessariamente molto elevate (case coloniche, cascine,
ad un piano o due al massimo). In pratica si tratta di una fondazione
in muratura dentro una trincea dove all’interno di questa viene ad
essere già costruito il muro. Ovviamente la fondazione ha
dimensioni più grandi del muro e viene rastremandosi mano a mano che
raggiunge al base del muro per poi iniziare l’elevazione. È
evidente che la larghezza in questo caso, come in un altro caso che
vedremo più avanti, è determinata se il peso è baricentrico da un
rapporto che è dato dal peso fratto il sigma del terreno.
peso
L = _____________
Sigma terreno
Questa formula la si utilizza generalmente per le
fondazioni isolate cioè i plinti.
Un altro tipo di fondazione diretta che è comparsa con
l’avvento del cemento armato è la fondazione a trave rovescia. Si
chiama così perché la struttura in sezione di una trave rovescia
che generalmente è a forma T è esattamente in contrario di una
trave normale. In una trave normale la trave si infletterebbe nel
centro dal basso verso l’alto creando un arco con freccia negativa
e in questo caso il ferro verrebbe posizionato nella parte inferiore
della trave (nella zona centrale non certo sugli appoggi) cioè dove
ci sono le fibre tese. Nella trave rovescia avviene invece proprio
l’opposto e il peso che va ad inflettere la trave è dato dal
terreno. Tutto il ragionamento della freccia e delle fibre tese viene
a rovesciarsi rispetto alla trave di prima. Vantaggi della trave
rovescia sono: grande resistenza e poi le trave rovesce si possono
anche incrociare e posso tra virgolette formare una sorta di griglia
(di maglia) e nell’intersezione di travi rovesce posso posizionare
dei pilastri.
Il plinto invece è una fondazione isolata. Una volta il
plinto era una fondazione a pozzo cioè venivano fatti dei pozzi e
riempiti di calcestruzzo e sopra questi plinti partivano i pilastri.
I primi plinti erano a gradoni (molto costosi). In più si è
scoperto che se l’angolazione dei gradoni non supera i 55° 60° si
raggiunge la distribuzione ottimale del peso. È evidente che il
rapporto tra peso fratto sigma del terreno per trovare l’area della
sezione su cui agisce la fondazione si riferisce principalmente al
discorso plinto, ovviamente sempre nel caso in cui il peso sia
baricentrico nel pilastro e di conseguenza al plinto. Il peso può
anche essere eccentrico, l’importante è che non esca dal terzo
medio, cioè dal nocciolo centrale d’inerzia perché in quel caso
non avremmo solo compressione ma anche trazione.
Quando il peso è fuori dal nocciolo centrale d’inerzia
abbiamo sforzi non solo di compressione ma anche di trazione.
Progettando cerchiamo di restare sempre nel caso in cui il peso sia
baricentrico di modo da avere solo sforzo di compressione. Cercare
sul manuale le formule per calcolare gli sforzi di compressione. (2p
fratto 3up; p*a/+- p*e/w) (sono formule di verifica nel caso di una
compressione ma non baricentrica).
Una cosa da tener conto è che non basta trovare l’area
e poi progettare una base di fondazione molto più grande per
trovarmi così in una condizione certamente migliore pensando di aver
distribuito il peso nel miglior modo. No. Rischieremmo di avere un
punzonamento cioè il pilastro con il suo peso rischierebbe di
entrare all’interno della fondazione e quindi di ribaltare le ali
della fondazione stessa; rischieremmo di rompere la fondazione.
Può succedere però che i terreni siano inconsistenti
(presenza di acqua, terreni sabbiosi, terreni argillosi) e il terreno
buono si trovi ad una profondità decisamente elevata. In questo caso
si tratterà di fare delle fondazioni a palificazione. Si tratta di
Pali che vengono infilati nel terreno per superare la parte di
terreno inconsistente e appoggiarsi alla parte di terreno buono. Ma
come funziona il tutto? Ricordate il concetto delle palafitte? Si
tratta dello stesso principio. Esiste un piano che è appoggiato a
dei pali infissi anziché nell’acqua nella terra. Su questo piano
ad appoggiarsi poi tutta la costruzione. I pali vengono infissi molto
vicini gli uni agli altri, dopodiché viene fatta una gettata che va
ad inglobare tutte le teste dei pali che ci sono per creare così un
piano, e quindi su quel piano si va a costruire l’edificio. Il
peso andrà in questo modo scaricato sul terreno buono tramite i
pali. La funzione dei pali che sono tra loro molto vicini è quella
di costipare il terreno in quanto la sollecitazione che essi hanno è
a goccia quindi la vicinanza fa si che le onde di sollecitazione si
sovrappongono costipando il terreno. (il concetto è che se infilo
tanti legni in un secchio di sabbia arriverà il punto in cui faro
fatica a infilare ulteriori legni in quanto la sabbia sarà
costipata). Per via di questa caratteristica dei pali questi stessi
possono venir usati anche solo ad uso di costipamento come nel caso
di passaggi di strade, oppure per stabilizzare terreni friabile. Una
volta questi pali venivano fatti in legno (Venezia), in metallo, in
calcestruzzo preconfezionato sino ad arrivare a dei pali Franki
ovvero il palo gettato in opera.
Muri in elevazione
Ce ne sono di diversi tipi: muri perimetrali portanti,
muri di spina, muri di tamponamento e tramezzi. In passato i
perimetrali portanti venivano fatti con mattoni pieni a due, tre,
quattro teste e davano muri di spessore notevoli per strutture molto
alte. Il muro di spina invece in passato interessava per due ragioni:
primo per avere un appoggio per il tetto e poi perché in una
strutture del genere senza pilastri i solai avevano un appoggio
intermedio (esempio sono le case di ringhiera sui navigli – a
matita). Con l’avvento poi del calcestruzzo e dei laterizi non più
pieni ma forati anche la costruzione dei muri in elevazione si è
modificata. Ora lo spazio tra un pilastro e l’altro non è più
necessario chiuderlo con mattoni pieni portanti, quindi si tratta ora
solo di tamponare e di isolare con materiali vari.
Esistono anche muri di sostegno. Possono essere fatti in
muratura tradizionale, o istintivi come quelli di montagna contenuti
nelle reti, possono essere di pietra squadrata con malta o non, e
possono essere in costruzioni di cemento armato. Il muro di sostegno
in cemento armato ha come base per il suo calcolo il concetto della
trave a mensola. La funzione matematica per calcolare il muro di
sostegno tra cui la più famosa è quella di coulomb, è quella di
arrivare a far si che la terra che spinge sul muro non lo sposti. In
pratica la spinta del terreno viene applicata nel terzo medio del
muro di sostegno e questo deve tamponare la spinta stessa Per trovare
la spinta del terreno bisogna tenere conto del peso specifico del
terreno, dell’angolo di natural declivio, dell’altezza del muro.
Una volta determinata la spinta del terreno devo verificare tre cose:
che il muro non si ribalti, che non scorra e che non si schiacci. Il
momento spingente deve essere minore del momento resistente: momento
resistente fratto momento spingente deve essere maggiore di 1.5. in
ogni cosa queste verifiche si possono anche effettuare con il metodo
del parallelogrammo: la risultante di tutte le forze orizzontali e
verticali deve cadere all’interno del terzo medio. In questo modo è
verificato ma se invece non cade all’interno di questo terzo medio
allora dobbiamo o alzare o allargare il muro.
Travi
Nei tempi antichissimi inizialmente ci fu il sistema
trilitico, poi arrivarono i romani che inventarono il sistema ad
arco. Come si sostiene l’arco? L’arco distribuisce equamente le
forze da un lato e dall’altro sulle spalle che di solito sono dei
muri di sostegno. Che tipi di archi abbiamo: archi a tutto sesto,
archi ribassati e archi a sesto acuto. Nell’arco a tutto sesto
abbiamo una luce che corrisponde al diametro, una freccia che
corrisponde al raggio, da un intradosso e da un estradosso da due
spalle da dei conci (pietre). Come fare per verificare se l’arco
sta in piedi oppure no? Si prende in esame meta arco (l’altra è
simmetrica). Sul concio in chiave si avrà applicata al terzo medio
superiore la spinta che è data dalla gravità di arco, questa spinta
si va a comporre, con il peso del concio e con il peso di ciò che
spinge sopra il concio, con una forza che è applicata al baricentro.
Queste due forze mi formano una risultante. Questa risultante va a
comporsi con l’altra forza peso del concio successivo e di tutto
ciò che spinge sopra il concio applicato al baricentro formando una
seconda risultante … e così via fino ad arrivare all’estremo. Se
l’ultima risultante di questa curva delle pressioni cade
all’interno del terzo medio inferiore (siamo partiti dal terzo
medio superiore) questo arco sta in piedi. Se cade all’esterno
l’arco crolla.
Indicazioni per la progettazione del residence
Progettare un residence composto da tre palazzine su tre
piani (piano terra, piano primo e piano secondo) con i tre tagli di
appartamento per 2, 3 o 5 persone più una quarta palazzina di
accoglienza. Per ora progettiamo solo la palazzina poi a settembre
cercheremo di studiare come inserirla in un contesto più ampio.
Un residence dove gli appartamenti sono così suddivisi:
Una camera con due letti, un corridoio con due letti a castello, un
soggiorno con cucina a vista, due divani e un balcone. Quindi vuol
dire che ci si può stare sia in quattro sia in sei. Tutti gli
appartamenti devono avere il balcone (possono avere una doppia
esposizione ma devono avere il balcone) e questo deve essere dalla
parte del soggiorno e della cucina. Nel caso ci sia la camera da
letto definita, (quella più grande) allora anche la camera da letto
può dare su un terrazzo o su qualcosa del genere magari anche adatto
per mangiare fuori, con un tavolo. Facciamoli di tre piani, così non
ci facciamo l’ascensore.
Progettare anche una reception su un piano solo con un
deposito materiali, bagagli, spogliatoi per inservienti, segreteria
direzione, un bar. Parcheggio interno al residence. Si può anche
eventualmente prevedere un locale interrato di lavanderia per chi
risiede per più di 10 gg. e che abbia quindi necessità anche di
fare il bucato.
Tetti
Esistono due tipi di tetti: a falde e piani.
Tetti a falde
Di tetti a falde ne esistono normalmente due tipi di
soluzioni: tetti alla lombarda e tetti alla piemontese. Qual è la
differenza tra questi due tetti? (la
risposta a questa domanda si trova molte righe più sotto)
L’ultima volta avevamo parlato delle case di ringhiera
che sul lato corto sono abbastanza strette e che ricordano una
matita, che hanno le due falde che scendono e hanno soprattutto il
muro di spina. Il problema è quello di dove appoggiare la trave di
colmo (la parte più alta di un tetto) e il muro di spina serve
proprio per sorreggere la trave di colmo. Un tetto a falde si compone
delle due falde, travi di colmo, quindi la falda è un impluvio che
raccoglie l’acqua e la manda verso i canali di gronda, scossaline o
converse e da questi giunge nei pluviali che possono essere esterni
o interni. I pluviali sono generalmente in rame o in acciaio anche se
sempre più si va verso il P.V.C. che è un materiale certamente meno
costoso. I canali di gronda invece in passato si facevano in
alluminio zincato o alluminio nudo e crudo ma ora principalmente sono
in rame. Il compluvio è il punto di incrocio di due falde, ovvero il
punto in cui le falde raccolgono contemporaneamente l’acqua.
L’inclinazione delle falde cambia notevolmente in
funzione della localizzazione dell’ambito in cui si deve operare;
un conto è la pendenza di un tetto di montagna un’altra è quella
di un tetto in riva al mare. Le precipitazioni d’acqua cambiano da
luogo a luogo e le precipitazioni nevose e anche altro incidono
notevolmente sul peso. Nel calcolo di un tetto il sovraccarico
accidentale che viene ad essere calcolato è dato dal peso della neve
e dal vento. Mediamente inclinazione delle falde sono in gradi o in
percentuale e dalle nostre parti (prov. Milano) si aggira intorno al
40/46% - 26°/27°.
In un tetto alla piemontese la struttura e data dai
puntoni che sono delle travi che da un lato poggiano
perpendicolarmente al muro perimetrale, su un dormiente (una trave in
legno che viene poggiata sul limite del muro perimetrale) e
dall’altro alla trave di colmo. Quindi questi puntoni oltre ad
essere la struttura del tetto sono anche quegli elementi che danno
l’inclinazione delle falde. Questi sono posizionati ad un interasse
mediamente di 1.5 m -2.0m – 2.5m al massimo e non di più. Il vuoto
che si viene a creare tra puntone e puntone viene riempito a griglia
da travetti perpendicolari ai puntoni da piccola orditura
perpendicolare ai travetti fino ad avere la possibilità di poter
applicare il manto di copertura che può essere di tegole portoghesi,
marsigliesi, coppi, ecc. . le tegole sono appoggiate ai listelli e si
autoreggono.
Nel sottotetto abbiamo tutti gli scarichi: vasi
d’espansione dei bagni, condutture dell’acqua, de riscaldamento,
ecc. Sul tetto abbiamo le torrette delle canne fumarie, delle cucine,
dei bagni e quant’altro. Sarà capitato di vedere anche delle
tubazioni di metallo lungo le facciate di certi condomini che
generalmente sono gli scarichi dei fumi delle caldaie. Generalmente
si posizionano in facciata perché non è possibile incamiciare la
vecchia canna fumaria oppure perche sono delle canne Shunt. Per
quanto riguarda il fumaiolo delle canne questo ha una sua altezza
minima che se siamo in gronda non c’è problema ma se invece siamo
a due metri circa dal colmo allora deve essere più alto del colmo di
almeno un metro meglio quindi cercare di fare i fumaioli in gronda
per evitare di fare fumaioli altissimi.
Il tetto alla lombarda invece è l’esatto contrario di
quello che è un tetto alla piemontese. Anche in questa tipologia di
tetto abbiamo la trave di colmo solo che questa non appoggia sul muro
di spina che corre per tutta la lunghezza della casa bensì o su dei
muretti oppure su delle capriate. Le capriate sono delle strutture
un po’ particolari che hanno questa funzione. Il problema è come
chiudere quello spazio che c’è tra capriata e capriata.
Generalmente tra capriate e capriata c’è un interasse mediamente
di 3.0m. In questo caso la struttura portante che poggia da una
capriata all’altra viene chiamata arcareccio o terzera. Queste sono
travi che poggiano da capriata a capriata e sono parallele alla trave
di colmo. Per poi chiudere il buco tra gli arcarecci si usa la stessa
tecnica di quello piemontese.
In entrambe le soluzioni la copertura può essere fatta
a pannelli sandwich. Questi sono generalmente in rame, alluminio o
lamiera trattata e verniciata. Hanno struttura grecata nella parte
superiore e nell’intradosso di questa lamiera è fissato uno strato
isolante di vario spessore, mediamente 10 cm. Il fissaggio va
eseguito con chiodi di rame oppure di acciaio inossidabile per
evitare che la ruggine delle vite normali si “mangi” la lamiera
e quindi la deteriori.
La capriata è composta da una catena, che è un tirante
in quanto assorbe gli sforzi dei due lati, da due puntoni (che sono
quelli diagonali fissati da un lato direttamente sulla catena) da un
monaco (il tratto verticale centrale alla struttura) e da due
saettoni o falsi puntoni che uniscono il monaco con i puntoni. Questa
è la più classica. La cosa più importante che interessa
particolarmente comunque sono i punti di unione tra il puntone e la
catena e tra il puntone e il monaco. (vedi disegno). Il primo fa da …
il secondo viene considerato a cerniera. Il monaco non si appoggia
alla catena per far si che nel momento del grosso carico questo non
abbia a gravare sulla catena stessa (diventando un peso accidentale)
andando a compromettere la stabilità della struttura. Le falde di un
tetto possono anche non incontrarsi nel monaco ma avere una sorta di
cartella che consenta di predisporre delle finestre per dare luce e
aria al sottotetto. In questo caso però dovremmo tener conto della
normativa che prevede che l’altezza media non sia inferiore a 2.40
m nei locali abitabili con tetti inclinati. Sul tetto a falde
possiamo fare una infinità di aperture. Dai vecchi abbaini di una
volta ai Velux (finestre inserite nella falda stessa) oppure ancora
aperture come balconi, terrazzi o quant’altro. In questo caso si
tratta di adeguare il tetto attraverso scossaline o catrame alla
nuova caratteristica creatasi con una finestra in falda, un abbaino,
un terrazzo, un balcone, e via dicendo.
Le case di ringhiera hanno generalmente il tetto alla
piemontese.
Tetti piani
Anche in questo caso ne abbiamo di due tipi a terrazza
calpestabile oppure
non calpestabile.
Ovviamente il non calpestabile è calpestabile sono per la
manutenzione normale, non è un solarium. Nel caso che il tetto non
sia calpestabile la struttura della soletta è come quella di un
solaio, né più né meno, solo che rispetto ad solaio qualsiasi può
variare lo spessore perché si tratta di un ultimo solaio.
Generalmente è assolutamente coibentato e su questo solaio vi sono
tutte quelle uscite di fumi e via dicendo di cui abbiamo parlato
prima che ci sono su un tetto inclinato. La cosa importante è
l’isolamento che deve essere a strati e gli strati devono essere
incrociati. L’altro problema è quello di far defluire l’acqua. O
farla defluire ai bordi della struttura quindi dare l’inclinazione
alla caldana di 1% o 2 % per far si che l’acqua scorra negli
scarichi che si sono posti oppure farla defluire in un punto preciso
che non sia precisamente al bordo della struttura. Nel solaio
calpestabile il problema si pone in quanto alla pavimentazione che in
questo caso è consigliabile che sia galleggiante. Una terza
soluzione non tanto utilizzata in Italia prospettata da Le Corbusier
è il tetto a terrazza con lastre di cemento e tra lastra e lastra
fare crescere l’erba, o avere un giardino vero e proprio.
Solai
Sono le divisioni orizzontali di un edificio. Qual è il
problema principale dei solai? È quello di capire qual è il tipo di
vincolo che ha agli estremi ovvero se è incastrato, appoggiato … o
altro. Non deve incidere un errore di calcolo nel momento in cui
andiamo a progettare questa cosa. Se sbagliamo a capire il vincolo
sugli estremi avremo poi ovviamente dei problemi. Infatti a seconda
del vincolo cambierà anche il momento flettente. I solai possono
essere fatti in molto modi: dai tradizionali in legno a quelli in
latero-cemento. I solai in legno cos’ come quelli in ferro-laterizi
hanno due problemi: possono essere semplici o composti. La differenza
sta nella posizione delle travi che sorreggono il solaio. Se il lato
corto di un solaio ha misure modeste (max. 5 m per il legno e 6/7 m
per il ferro) allora le travi poggiano da muro a muro parallelamente
al lato corto e abbiamo un solaio semplice. Oltre queste misure il
travetto può inflettersi sotto il proprio peso stesso. Al contrario
invece il solaio composto si ha quando le luci anche del lato corto
sono elevate (tipo 8 metri). Allora in questo caso bisognerà creare
delle travi maestre a sezione molto elevata da disporre sempre
parallelamente al lato corto ma a distanza di max. 5 m per il legno e
6/7 m per il ferro e su queste travi poggiare perpendicolarmente le
travi come nel caso precedente. Sopra le travi di un solaio vengono
poi inchiodate delle tavole per chiudere gli spazi vuoti tra gli
interassi delle travi (interasse max. travi in legno 50/60 cm -
nelle travi in ferro l’interasse è dato dalla lunghezza del
tavellone che varia da 60 a 120 cm ) e sopra il solaio in legno
dell’isolante e poi una piccola caldana di cemento e poi sopra o le
piastrelle o il parquet, mentre nei solai in ferri e laterizi abbiamo
riempimento di cretonato o quanto altro struttura di sabbia e di
isolante, caldana e poi pavimento. Questo tipo di solaio può essere
alleggerito creando delle camere d’aria.
Come si calcola una struttura in legno o in ferro
Generalmente si parte dal concetto di creare una trave
rettangolare con sezione bxh dove h sia sempre maggiore di b. bisogna
trovare la base e l’altezza della trave. Nel caso che stiamo
considerando abbiamo una trave che è semplicemente appoggiata agli
estremi e con carico uniformemente distribuito. Noi conosciamo la
luce, il peso e le reazioni vincolari; devo trovare il momento
flettente. In questo caso il momento flettente è ql2/8.
Dove q è il peso in kg al metro lineare, l è la luce. Ora
conoscendo il momento flettente e conoscendo il sigma δ del legno o
della putrella in ferro che noi abbiamo possiamo trovare il W che è
il modulo di resistenza. Momento flettente fratto sigma abbiamo il
modulo di resistenza (W). Stiamo attenti al fatto che il momento
flettente è in kgm il sigma è invece in kg/cm2
e il W come unità di misura è in cm3 .
quello che così calcoliamo però non è il W effettivo perché mi è
dato da solo da un rapporto tra momento e sigma. A noi invece
interessa realmente di determinare la base e l’altezza di questa
trave. Noi sappiamo che il modulo di resistenza W è dato da bh2/
6. Da dove arriva questo rapporto? È il
rapporto tra il momento d’inerzia e la distanza dall’asse neutro
alla fibra più lontana in una sezione rettangolare con momento
d’inerzia rispetto all’asse baricentrico. Il momento d’inerzia
in quella sezione se abbiamo l’asse baricentrico (h/2 e h/2) è
Mi=bh3/12;
la fibra più lontana all’asse neutro x-x è h/2. Quindi se noi
facciamo bh3/12 /
h/2; ribaltando il tutto avremo bh2/
6. Ora in questo caso ho due incognite ma
imponendo che la base sia 0.7h la formula mi diventa ad una sola
incognita. E la formula mi diventa: W=0.7h3/6
per cui h=radcubica di 6W/0.7; a questo punto trovata l’altezza e
moltiplicata per 0.7 ho anche la base. Queste formule vanno anche
bene sia per il calcolo dei puntoni che degli arcarecci né più né
meno. L’unico problema in quei casi è trovare il momento flettente
essendoci una inclinazione anche se sul manuale si trovano le
formule. I risultati di h e di b si arrotondano sempre in eccesso al
numero pari successivo. Arrivati a questo punto è opportuno fare una
verifica. Se la struttura è legno allora la verificheremo con il W
vero in pratica faremo il rapporto sigma = Mflettente
/ Wreale
(trovato utilizzando la base e l’altezza reale) e questo dovrà
essere inferiore al sigma ammissibile del legno. Se sarà superiore
bisognerà apportare delle modifiche alla base e all’altezza
aumentandole. Se invece si tratta di trave in ferro con laterizi una
volta giunti al W controlleremo a quale W per eccesso corrisponde
questo tipo di W da noi trovato. Si tiene conto sempre di un W
rispetto all’asse x orizzontale. In questo momento l’asse y non
ci interessa. y ci interessa solo se le travi son inclinate. Nel caso
di travi inclinate il W va calcolato in funzione dell’asse x e
dell’asse y. Rispetto all’asse x sarà W=bh2/
6 ; rispetto all’asse Y sarà W=b2h/6.
Tutte queste cose si trovano sul manuale.
Altri tipi di solai sono quelli in soletta piena. In
Italia abbiamo tanta argilla per cui usiamo molto i solai con
laterizi ma in Grecia ad esempio che non hanno argilla ma in compenso
hanno molto cemento usano molto fare solai pieni in cemento armato.
Nell’estremità si tratterà di capire se abbiamo un incastro o un
semincastro, casserare tutta la soletta, posizionare tutti i ferri
sul cassero ed eventualmente anche la rete elettrosaldata e poi
gettare costipando con vibratori ad immersione. Aspettare una luna
ovvero dai 24 a 28 giorni e quindi disarmare il tutto. Il calcolo
della struttura non è molto complicato e le formule si trovano
comunque sul manuale. Per i solai in latero-cemento invece il
problema è a volte simile a volte no. Possiamo utilizzare dei
travetti prefabbricati detti anche misti composti cioè da un
fondello in laterizio, un traliccio in ferro e una gettata di cls.
oppure dei travetti in calcestruzzo già confezionati l’unica cosa
che cambia è appunto il travetto. Si assemblano posizionando i
travetti poi le i blocchi in laterizio e poi il ferro e la rete e
infine il getto. E dopo 24/28 giorni si disarma tutto. Ci sono poi
ancora i solai con travetti gettati in opera. Anche in questo caso si
tratta di casserare tutta la soletta e poi tutto il resto è uguale
agli altri solai. Si possono avere anche solaio con delle costolature
cioè con sezioni di travi a T. si tratta in questi casi di calcolare
una trave a T. In queste travi il problema è capire dove cade l’asse
neutro. Se passa attraverso le due ali e non sull’anima, questa
trave può essere calcolata come se fosse una trave a sezione
rettangolare dove la larghezza è quella delle due ali. Se invece
l’asse neutro passa nell’ala verticale quindi nell’anima in
questo caso dobbiamo trovare dove effettivamente passa l’asse
neutro e calcolare le due parti staccate.
Scale
Le scale sono ovviamente i collegamenti tra due piani
differenti di un edificio. Sono composte da gradini che si dividono
in pedate e alzate. Le alzate vanno mediamente (non è legge) da i 15
ai 18 cm. Mentre le pedate mediamente vanno tra i 29 e i 32 cm. Altra
cosa da tenere in considerazione è la larghezza delle scale le quali
se si tratta di scale interne non hanno misure particolare, nel senso
che possono anche essere larghe 70 cm. Se invece la scala è di
utilizzo pubblico devono avere una larghezza che arriva dagli 80 cm.
Al 110 cm. Secondo la normativa devono essere larghe tanto da poter
far scendere una cassa da morto, in modo cioè che la cassa da morto
possa girare senza doverla mettere in piedi. Le ringhiere nelle
nostre zone sono mediamente alte 1.10 mt. comunque è la stessa
altezza dei parapetti delle finestre e dei balconi ed è in base al
regolamento edilizio. Se le scale sono però di un edificio pubblico,
e quindi di grosso passaggio è evidente che la larghezza varia in
funzione del numero di persone; quindi può essere 80, 160 cm. o che
altro. Ogni persona ha cioè 80 cm di spazio per muoversi. La
geometria delle scale è varia. Ci sono scale ad una rampa che
generalmente negli edifici di civile abitazione si tende ad
eliminare, almeno che non siano di servizio, come ad esempio le scale
che possono portare al piano seminterrato; comunque anche queste
scale devono essere interrotte da un pianerottolo di riposo; una
volta superati i 10-13 scalini bisogna posizionare un pianerottolo di
riposo. Il pianerottolo di riposo è quello che viene ad essere
utilizzato nella famosa tromba delle scale come si dice in gergo. Le
scale di una civile abitazione sono posizionate all’interno di
strutture in cemento armato, così come gli ascensori, quindi hanno
tre pareti di cemento armato di cui una di queste deve essere per
forza perimetrale. Questo per far si che sia possibile avere una
finestra direttamente sull’esterno sia per la luce sia per il
riciclo d’aria nel caso d’incendio. Possono essere finestre o
portefinestre, non ci sono misure standard ma devono essere finestre
apribili anche perché in caso di incendio le scale diventano un vero
e proprio camino. Le scale però possono essere anche a due o a tre,
quattro rampe a seconda dei casi. La cosa importante è quella di
dividere le alzate per il dislivello da superare e per arrivare
quindi da un piano a quello successivo. Noi siamo abituati ad avere
due o tre rampe nelle nostre abitazioni e quindi abbiamo il
pianerottolo di riposo tra l’una e l’altra rampa. Questo
pianerottolo è generalmente largo quanto la scala e copre sia
l’arrivo della prima rampa sia la partenza della seconda. Le scale
sono un elemento fisso. In una progettazione è uno dei pochi
elementi oltre ai pilastri che lì sono e lì rimangono. Nel calcolo
della scala bisogna anche stare attenti al fatto che ci sono dei
punti in cui deve essere la scala e non possiamo fare altrimenti. A
volte in una progettazione ci si accorge che mancano uno o due
scalini per arrivare alla quota del piano superiore ma non possiamo
né allungare la scala che è data dalla somma delle pedate, né
possiamo alzare l’altezza della scala altrimenti diventerebbe
faticosa da percorrere allora in questo caso viene utilizzato un
sistema che è sempre meglio evitare ma che se proprio non c’è
alternativa viene usato. Questo sistema è il piè d’oca ovvero
quei gradini a forma di triangolo. Sarebbe meglio evitarli in quanto
questi gradini sono particolarmente pericolosi sia nella salita che
nella discesa. Infatti sul lato del muro i gradini sono
sufficientemente larghi, ma verso l’interno la larghezza del
gradino è pari a zero. La struttura delle scale può essere in
legno, in metallo e in cemento armato. Il problema per quelle in
cemento armato, così come per quelle in metallo è quello di formare
delle travi che salgono che vengono ad essere legate alla trave de
pianerottolo di riposo tramite dei ferri inclinati che si incastrano
con degli altri orizzontali.
Esistono anche le scale antifumo ovvero scale che hanno
una porta tagliafuoco rispetto al resto dell’edificio.
Sostanzialmente per prendere queste scale fisicamente dobbiamo
attraversare due porte, cioè una porta tagliafuoco, un piccolo
spazio o che altro, e una porta che mi da’ la possibilità di
accedere alle scale e questo mi da’ la possibilità di essere certo
di non avere in caso di incidenti di incendio, di non avere nessun
tipo di comunicazione tra la parte delle scale con la parte che viene
ad essere normalmente utilizzata. 13:24
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