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lunedì 25 marzo 2013

Estimo / Diritto - Servitù metanodotto coattivo

Estimo / Diritto - Servitù elettrodotto coattivo

Estimo / Diritto - Servitù di scarico

Estimo / Diritto - Servitù di passaggio

Estimo / Diritto - Servitù d'acquedotto coattivo

Estimo / Diritto - Servitù

Estimo / Diritto - Frutti pendenti

Estimo / Diritto - Esproprio

giovedì 21 marzo 2013

Diritto / Estimo - Servitù

Diritto - espropriazione

Espropriazione

Tecnologia delle Costruzioni - Arco

Costruzioni - Schede di costruzioni

Schede di Costruzioni

Costruzioni - Fondazioni

COSTRUZIONI

COSTRUZIONI

Un libro molto utile per affrontare l'esame è " Temi svolti per GEOMETRI" - Edizioni Giuridiche Simone:

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mercoledì 20 marzo 2013

Tracce 2012

Prossimamente inserirò le tracce svolte dell' esame 2012

LEGGE 10 - 91

CERTIFICAZIONE ENERGETICA

PREGEO

PREGEO

FRAZIONAMENTO

DOCFA

CATEGORIE IMMOBILIARI

Categorie Immobiliari

Categorie catastali

Catasto schema

Pianocasa

Catasto


CATASTO
La finalità dell’attività catastale è esclusivamente di tipo fiscale, per far pagare cioè delle imposte, nei casi di una compravendita, di una donazione, quindi di un trasferimento di diritti tra diversi soggetti, o nei casi di successioni, o nel caso dell’ I.C.I. (questa infatti è calcolata in base alla rendita catastale).
Il nostro catasto è di tipo geometrico, particellare e non probatorio. Geometrico nel senso che si basa su misure; le unità immobiliare sono particelle per quanto riguarda il catasto terreni; non probatorie nel senso che l’intestazione delle unità immobiliari non ha una valenza probatoria della proprietà. La proprietà è garantita da un altro sistema che è quello delle trascrizioni. Se trovate in visura delle intestazioni queste non giustificano la proprietà; la proprietà è giustificata da un titolo che è nella fattispecie un rogito, o una denuncia di successione.
L’ufficio comunemente chiamato catasto è ora chiamato Agenzia del Territorio. Da qualche anno l’attività del catasto è stata decentrata ai comuni e questo decentramento ha portato allo svilupparsi di diversi uffici gestiti direttamente dal catasto i quali hanno la possibilità di sviluppare l’attività catastale in più livelli. Il primo livello è quello delle visure, quindi della consultazione per il cittadino, piuttosto che la presentazione degli atti di aggiornamento. Questo è in funzione delle convenzioni che i vari comuni hanno fatto con l’agenzia del territorio e non è detto che questo valga per tutti i comuni. Nel comune di Milano si può fare l’attività di consultazione nonché l’attività di presentazione di aggiornamenti, sia di catasto terreni che di catasto fabbricati.
Il territorio nazionale è diviso in tanti uffici che sono in funzione delle province, quindi il catasto ha una suddivisione provinciale.
L’agenzia del territorio è costituita da due grossi archivi: l’archivio del catasto terreni e l’archivio del catasto fabbricati. Il ruolo del professionista nell’ambito del catasto è quello di aggiornare questi due grossi archivi; quindi aggiornare la banca dati del catasto terreni secondo le procedure della circolare 2/88; e secondo il decreto ministeriale 701/94 per quanto riguarda il catasto fabbricati.


Elementi che costituiscono l’archivio del catasto terreni

La cosa principale è la mappa catastale che è la rappresentazione cartografica o grafica del territorio e può essere in scala 1:1000, 1:1500 o 1:2000 e questo dipende dall’agenzia del territorio dove stiamo operando. La mappa è stata redatta originariamente secondo le coordinate Cassini-Soldner, poi sviluppate secondo le coordinate Gauss-Boaga (proiezione su un piano delle coordinate geografiche fatte sulla base dell’ellissoide). Può essere a perimetro aperto o a perimetro chiuso. L’estratto di mappa è un foglio di carta in cui viene rappresentata la mappa del territorio che può essere in scala 1:1000 o 1:2000. Le parti in grigio più scuro sono i fabbricati; le parti bianche sono i terreni; le linee nere continue sono i limiti di proprietà tra i vari mappali e il numero all’interno di queste aree a perimetro chiuso indica il mappale: ogni area ha un numero di mappale. Ogni comune è suddiviso in fogli e ogni foglio è suddiviso in particelle. Sull’estratto di mappa troviamo anche delle coordinate.
Quindi l’altra cosa fondamentale della mappa sono le particelle o i mappali. Particelle: ogni porzione di terreno che nello stato di fatto in cui si trova è di per sé utile a produrre un reddito proprio è caratterizzata da qualità omogenee e univoca intestazione. La mappa è suddivisa in tante particelle perché evidentemente è di proprietà di soggetti diversi, ha qualità diverse o può essere stata oggetto di un frazionamento da una particella più grossa. Quindi la suddivisione in particelle della mappa ha una sua ragione, che è quella di avere un reddito proprio, qualità proprie che non è detto siano uguali a quelle limitrofe, sia come intestazione, sia come qualità.
L’altro elemento che costituisce l’archivio della banca dati del catasto terreni sono le monografie dei punti fiduciali. Questi sono quegli elementi che servono per poter predisporre l’aggiornamento della banca dati del catasto terreni. I punti fiduciali sono monografati cioè hanno delle monografie su cui è indicato il punto fiduciale, come si chiama, le coordinate, la quota sul livello del mare (anche se per ora si tratta di una quota fittizia 9.999mtl), la attendibilità (sotto forma di codici) del punto fiduciale per quanto riguarda la coordinata nord e quella est, riferimenti planimetrici (spigolo fabbricato sud ovest) e altimetrici (quota cordolo), la foto del punto, l’estratto di mappa su cui viene rappresentato il PF e un particolare in cui si indica esattamente anche a livello altimetrico qual è la quota da battere di questo spigolo.
Altro elemento costitutivo della banca dati del catasto terreni sono i tipi di frazionamento, i tipi mappali, tipi particellari piuttosto che le domande di voltura che sono state presentate per aggiornare la banca dati. Il catasto terreni è un archivio in continuo aggiornamento.


Elementi che costituiscono l’archivio del catasto fabbricati
Gli elementi costitutivi sono la scheda, la planimetria catastale e la rappresentazione grafica generalmente in scala 1:200 (anche in scala 1:500 per fabbricati molto grossi) dove viene rappresentata la distribuzione interna della singola unità immobiliare. Per ciascun locale viene indicata la destinazione d’uso, quanto meno viene indicata la destinazione d’uso che è utile ai fini del calcolo della rendita catastale. Viene indicata la provincia, il comune, la via, l’identificativo (il foglio, il mappale e il subalterno), chi ha presentato l’aggiornamento e poi nella planimetria viene indicata quella che è la distribuzione interna dei locali, nonché le coerenze ovvero tutto quello che gli sta intorno. Le coerenze sono fondamentali per i notai per redigere gli atti notarili. Danno la dimensione di quello che è l’oggetto di riferimento. Le planimetrie catastali sono consultabili solo per chi è il proprietario. Si può comunque delegare un professionista.

La conservatoria dei registri è il luogo dove vengono conservati tutti i rogiti che comportano il trasferimento di diritti reali in merito ad unità immobiliare, quindi nel caso di compravendite, nel caso di divisioni ma anche nel caso di successioni. La successione viene trascritta d’ufficio. La successione è un documento fiscale, viene predisposta entro un anno dalla morte del defunto dagli eredi e può essere legittima o testamentaria. Legittima quando ci sono degli eredi stabiliti per legge; testamentaria invece quando esiste un testamento olografo sottoscritto e redatto di pugno dal de cuius in cui stabilisce a chi vanno determinati immobili. Questo è un documento fiscale e viene predisposto all’ufficio del registro, si pagano delle imposte e poi l’ufficio del registro nel caso della successione passa alla conservatoria dei registri la successione che viene trascritta. Nel caso invece di compravendite o divisioni è il notaio che redige materialmente il rogito che si occupa della trascrizione, della presentazione della domanda di voltura.
La trascrizione all’ufficio della conservatoria che adesso si chiama ufficio di pubblicità immobiliare e l’aggiornamento dell’intestazione catastale, quindi della domanda di voltura. Questi sono gli adempimenti. Si trascrive il rogito nella conservatoria in cui si trova l’immobile e non dove viene redatto l’atto. Si tratta di circoscrizioni appunti e ogni atto va trascritto nella propria circoscrizione. La conservatoria di Milano si divide in tre categorie. Una per gli atti molto vecchi cioè quelli precedenti al 1973 e si chiama Milano3; quelli successivi si dividono ancora in due: che sono Milano1 per gli immobili di Milano città e Milano 2 quelli della provincia. La trascrizione del rogito è temporale, cioè in funzione di quando viene trascritta e la ricerca viene fatta in funzione del soggetto. La ricerca in conservatoria si fa per nome, cognome e data di nascita. Dal 1995 ad oggi con l’avvento della telematica la ricerca anche in conservatoria è possibile farla con altri elementi, per esempio per immobile (conoscendo il foglio e il mappale di un immobile).
Altro elemento fondamentale del catasto fabbricati è l’elaborato planimetrico. Questo è la suddivisione in subalterni di un complesso immobiliare là dove andate a censire un fabbricato nuovo, oltre alla planimetria catastale della singola unità immobiliare dovete andare a predisporre quello che è l’elaborato planimetrico. Quote in senso orario. L’elaborato planimetrico non è altro che come nella planimetria catastale un foglio in A3 in scala 1:500 in cui si dice sempre intanto che è un elaborato planimetrico, che è stato compilato da questo tecnico, il foglio e il mappale su cui stiamo lavorando e c’è la dimostrazione della suddivisione in subalterni dell’intero complesso, vengono indicate le parti comuni a tutti i subalterni e le varie unità immobiliari. Ora viene indicata anche la consistenza della singola unità immobiliare.
Altro elemento che contiene l’archivio del catasto fabbricati sono tutti i DOCFA, le domande di voltura che andiamo a presentare per aggiornare la banca dati. Il DOCFA è un documento su carta che andiamo a predisporre anche in formato informatico. Il modello che viene predisposto è il modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali accertamento della proprietà immobiliare urbana. Il DOCFA è il documento che materialmente andiamo a presentare. Come dicevamo abbiamo anche la possibilità di predisporre gli aggiornamenti e presentarli in via telematica. La via telematica ci dà la possibilità di predisporre in ufficio il documento, farlo firmare sulla carta al nostro cliente, firmarlo in via digitale con delle apposite chiavi che potete fare tramite la camera di commercio, e quindi inviare il file all’agenzia del territorio. Ci si collega su SISTER e si invia la pratica, che può essere appunto un DOCFA o un PREGEO. A questo punto bisogna aspettare la risposta da parte dell’agenzia in cui ti comunicano che la pratica è stata validata.


Cerchiamo di leggere le mappe

L’osso di morto collega la parte fuori terra con la parte sopraterra di un edificio. In pratica vuol dire che è sempre lo stesso numero. Significa che la parte di terreno circostante ha lo stesso numero della parte di fabbricato.
Parti tratteggiate indicano gli aggetti. Significa che non tocca terra, una struttura del tipo a tettoia o comunque qualche cosa che non poggia a terra.
Parti tratteggiate all’interno di parti nere: si tratta di portici.
Parti puntinate: sono parti interrate e vengono collegate al fabbricato appunto con queste ossa di morto o doppie ipsilon
Mattoncini: indicano aggiornamenti fatti di recente
I numerini cerchiati: indicano i punti fiduciali















CATASTO TERRENI
Il catasto terreni rappresenta l’inventario del territorio nazionale: necessita di continui aggiornamenti sulla base delle nuove edificazioni e delle variazioni. È obbligatorio per i proprietari di unità immobiliari censite al catasto terreni denunciare i cambi di coltura con il DOCTE o l’articolo 26, le variazioni di consistenza o di destinazione che si fanno nel caso in cui c’è tipo un mappale in cui edifichiamo un fabbricato, frazioniamo un mappale per venderne una parte … ; e le variazioni rispetto all’intestazione dei diritti reali: le volture (le domande di volture). Questi sono gli adempimenti che sono obbligati ad eseguire i proprietari o chi per essi nel caso di compravendita, donazioni, c’è un notaio che predispone il rogito e la domanda di voltura dovrà predisporla lui. L’accertamento delle unità immobiliari censite al catasto terreni è disposto per particella o mappale. È considerata particella ogni porzione di terreno che nello stato in cui si trova è di per se stessa utile e atta a produrre un reddito proprio. (Il catasto, lo abbiamo già detto, ha una finalità fiscale). È caratterizzata da una qualità omogenea e univoca intestazione. (Una particella è caratterizzata da essere un seminativo irriguo, una risaia, … quindi solo con quella destinazione; e da una sola intestazione: un’unica particella non può essere intestata a più persone con percentuale del 100%)


Fonti normative

D.P.R. 650 del 26/10/72 con cui si stabilisce il perfezionamento e la revisione sul tema catastale e poi, fondamentale per chi lavora e aggiorna la banca dati del catasto terreni la circolare 2/88. Questa è la circolare che viene utilizzata ancora oggi sulla base della quale vengono predisposti gli aggiornamenti di catasto terreni. Poi ci sono una serie di circolari che seguono ma che sono a corollario, ad integrazione di questa.

D.P.R. 650 del 26/10/72
L’articolo 1 del D.P.R. 650 del 26/10/72 – gli atti del catasto terreni – si stabilisce che costituiscono il catasto: la mappa particellare, l’elenco o lo schedario delle particelle, il registro o lo schedario delle partite, e la matricola o lo schedario dei possessori. Tutti questi elementi rappresentano una realtà che valeva nel 1972, quando ancora la meccanizzazione non c’era. Adesso c’è una banca dati che il nostro SISTER dove tutti questi elementi sono su base informatica. All’epoca era tutto cartaceo e quindi c’era l’elenco o lo schedario delle particelle ecc. ecc. … tutto questo ora noi lo troviamo in SISTER.
Nella provincia di Milano di mappa catastale ne esiste una, sia per quanto riguarda il catasto fabbricati sia per quanto riguarda il catasto terreni. In alcune province invece esistono materialmente proprio due mappe, quella del catasto terreni e quella del catasto fabbricati. È intenzione comunque, questa è l’indicazione, di unificarle tutte su una mappa sola. Il problema è che quando si hanno due mappe può succedere che lo stesso mappale abbia due numeri diversi.
Una cosa che non abbiamo detto prima è che le mappe a Milano sono a perimetro chiuso per cui i vari comuni della provincia di Milano, son tutti suddivisi per foglio e in ogni foglio le particelle sono chiuse mentre in altre province le mappe sono a perimetro aperto per cui alcuni mappali li troviamo in parte su un foglio e in parte su un foglio limitrofo. Questa è una notevole complicazione per chi deve lavorare su quei fogli.
Obbligo delle volture catastali. Ogni qual volta vengono posti in essere atti civili, giudiziali, amministrativi, che diano origine al trasferimento di diritti reali deve essere predisposta la domanda di voltura. Questa domanda è un obbligo che ha il notaio nel momento in cui predispone il rogito oppure è un obbligo degli eredi in caso di successione. Le volture devono essere richieste mediante presentazione di apposite domande nel termine di trenta giorni dall’avvenuta registrazione degli atti o delle denunce di cui ai precedenti commi quindi nel caso delle successioni.
Presentazione di tipi di frazionamento. Quando il trasferimento di beni immobili comporta il frazionamento di particelle devono essere preventivamente presentate all’ufficio tecnico erariale il corrispondente tipo di frazionamento firmato da un architetto, un ingegnere o un geometra iscritto all’albo. Il tipo deve essere presentato in doppio originale (oggi con l’avvento del telematico si aspetta la risposta dell’ufficio i quali mandano il file con il doppio originale).
Redazione di tipi di frazionamento. Le linee delle nuove dividenti devono essere definite mediante misure prese sul terreno e riportate sul disegno quindi georeferenziate sulla mappa. Le misure devono essere rigorosamente riferite a punti e a linee stabili esattamente identificabili sul terreno oltre che riconoscibili sulle mappe catastali.
Controlli e sopralluogo delle misure. L’ufficio tecnico erariale ha facoltà di effettuare in qualsiasi momento il controllo delle misure che voi andate a redigere. I punti di riferimento definite da coordinate analitiche a cura dell’amministrazione del catasto verrà introdotto gradualmente su ciascun foglio di mappa un numero sufficiente di punti di riferimento collegati a capisaldi stabili sul terreno le cui coordinate le cui coordinate analitiche permettono l’appoggio ad essi per ogni nuovo rilievo topografico (E’ la monografia dei punti fiduciali che abbiamo visto prima). I punti fiduciali ci servono perché a seguito della predisposizione degli aggiornamenti noi andremo a riferire il nostro rilievo a questi punti che hanno coordinate note, quindi la georeferenziazione del nostro rilievo, delle linee di mappa che noi andremo ad introdurre sarà georeferenziata sulla base dei tre punti fiduciali che è il minimo che stabilisce la circ. 2/88 per redigere un aggiornamento.


Circolare 2 del 26/02/88

La direzione generale del catasto servizi tecnici erariali ha fornito le disposizioni per la presentazione e la trattazione degli atti geometrici di aggiornamento della mappa catastale, nel quadro delle possibilità offerte dalla strumentazione topografica. Nella sostanza si è predisposto una standardizzazione di quello che è il procedimento, quindi si è sostituito quello che erano gli aggiornamenti fatti con gli allineamenti e gli squadri a quello che è invece il rilievo topografico. Quindi il rilievo topografico fatto con il teodolite o adesso anche è stata predisposta per l’utilizzo del GPS. Quindi la standardizzazione dei criteri e la modernità e dell’utilizzo dei vincoli di appoggio; una individuazione, una puntualizzazione dei canoni di buona tecnica di rilievo; un concetto più corretto per la definizione della qualità topografica espressa in funzione del confronto esercitato sul terreno anziché sulla base dei corrispondenti elementi desumibili dalla rappresentazione cartografica, quindi un confronto tra la mappa e quello che è il rilievo.
La redazione di un atto di aggiornamento richiede essenzialmente il rispetto di tre requisisti:
  • individuazione dell’oggetto e rilievo di aggiornamento,
  • l’assunzione delle misure per dare forma e contenuto allo stesso, quindi se dovete andare a fare un frazionamento la sostanza è la nuova linea dividente, se dovete andare ad inserire un fabbricato sarà il contorno del fabbricato
  • l’assunzione delle misure per l’inquadramento dell’oggetto e il rilievo nella rete dei punti fiduciali, quindi tutte le misure che andrete a predisporre mediante una poligonale aperta, o una poligonale chiusa, o tramite gps dovrete andare a riferire le vostre misure a quelle che sono il rilievo dei punti fiduciali. Quindi la georeferenziazione, con coordinate note, di tutto l’oggetto del rilievo

Pertanto negli atti di aggiornamento devono essere riportate le norme che seguono per soddisfare esigenze tecniche che rendano validi i documenti sottoposti al controllo e alla loro gestione da parte dell’amministrazione.

Gli aggiornamenti che noi andiamo a predisporre per quanto riguarda la banca dati del catasto terreni sono:
  • tipi di frazionamento
  • tipi mappali
  • tipi particellari

Tipi di frazionamento: abbiamo una particella e la vogliamo dividere in due o più porzioni
Tipi mappali: abbiamo una particella e ci vogliamo costruire sopra un fabbricato di nuova costruzione
Tipi particellari: le parti vogliono vendere a misura e il tecnico che viene incaricato di predisporre il tipo particellare misura fisicamente quello che è il confine dei lotti e ne dà una quantificazione precisa, con delle misure precise.

Tipi di frazionamento: l’oggetto primario del rilievo è costituito dalle linee dividenti; a modifica di quanto previsto delle attuali normative l’accettazione da parte dell’ufficio dell’atto di aggiornamento è vincolato dalle seguenti disposizioni.
  • Qualora la superficie della particella originaria risulti minore di 2.000,00mq il rilievo che il tecnico dovrà redigere dovrà prevedere la misurazione di tutti i vertici del lotto
  • Nel caso in cui le particelle che vengono realizzate sono anch’esse di superficie inferiore di 2.000,00mq allora anche in questo caso abbiamo l’obbligo di redigere il rilievo e misurare tutti i vertici del lotto delle varie particelle
  • Nelle operazione di campagna potranno non essere rilevate a deroga di quanto sopra stabilito soltanto quei vertice delle particelle non identificabili in modo univoco sul terreno, perché non materializzati o non ricostruibili attraverso atti ufficiali in possesso delle parti (qualora ci troviamo in un cantiere dove non c’è la recinzione, il contorno del lotto non è identificabile allora a deroga di questa disposizione possiamo non contornare il perimetro del lotto che andiamo a trattare. Il verificarsi della situazione suddetta dovrà essere opportunamente evidenziata nella relazione tecnica che andremo a predisporre nel PREGEO. Dichiareremo in questo caso nella relazione tecnica che non essendo possibile rilevare l’intero lotto quindi le aree che andiamo a trattare hanno una superficie nominale e non una superficie reale.

Tipi Mappali: l’oggetto primario del rilievo è costituito dai contorni del fabbricato ed eventualmente dalla definizione del lotto di pertinenza. A modifica di quanto previsto nell’attuale normativa si dispone che: qualora ci sia un aggiornamento della mappa fatto di recente con un frazionamento, in cui sono stati rilevati i contorni del lotto, potremo redigere il nuovo atto di aggiornamento per l’inserimento del fabbricato appoggiando il nostro rilievo ai soli contorni del lotto. Oppure qualora il lotto abbia una superficie inferiore ai 20 mq potremo farlo come modesta entità quindi indicare le coordinate del lotto senza riferirle a quelli che sono i punti fiduciali.

Tipi Particellari: nel caso in cui facciamo il trasferimento a misura l’oggetto del rilievo è il lotto quindi la superficie del lotto. Quindi andremo a dichiarare la superficie reale del lotto.

PREVENZIONI INCENDI


PREVENZIONI INCENDI
Ovviamente quando si progetta bisogna tener conto di una serie di aspetti. Tentiamo ora di fare un breve riassunto sulla normativa e poi andiamo al sodo. La legge 626 ora è stata raccolta nel decreto legislativo 81/08. Questo decreto è relativo alla salute dei lavoratori, ovvero analizza tutti i rischi che ci sono nell’azienda per garantire la salute del lavoratore. In ogni azienda ci sono dei rischi per la salute dei lavoratori, rischi che titolare dell’attività deve tentare di limitare o al massimo se non proprio limitare almeno gestire. Esiste quindi anche un discorso Gestione Emergenza. La gestione delle emergenze nelle aziende, in merito alla prevenzione incendi, viene analizzata da un decreto che è il D.M. 10/03/1998.
Un aspetto della sicurezza è senz’altro quello della prevenzione incendi, prevenire cioè l’insorgere di un incendi e qualora dovesse capitare un incendio per vari motivi cercare di limitarne la propagazione, di limitare i danni sia a cose che a persone. Quindi lo scopo in fase di progettazione è proprio quello di cercare di applicare le normative di riferimento alla realtà. Il legislatore ha emanato alcune normative, per alcune attività per altre no. C’è un decreto al quale voi dovere far riferimento in fase di progettazione che è il D.M. 16/02/1982. Questo è un elenco di 97 punti dove per ogni codice c’è una descrizione. Durante la fase di progettazione devo capire se la mia attività è soggetta al rilascio del certificato prevenzione incendi (C.P.I.) che è un documento che attesta di aver fatto e di aver adempiuto a tutto quello che la normativa prevede per la sicurezza della prevenzione incendi. Per capire se la mia è un’attività soggetta al rilascio del C.P.I. devo capire di che attività si tratta e guardare questo decreto. Supponiamo di costruire una palazzina dove al piano interrato ho delle autorimesse, e un impianto di riscaldamento centralizzato. La palazzina è alta più di 24 metri, ho l’obbligo di fare il certificato di prevenzione incendi? Si perché supera i 24 metri. Infatti l’articolo 94 del D.M. 16/02/1982 dice proprio che per Edifici destinati a civile abitazione con altezza in gronda superiore a 24 metri c’è l’obbligo del C.P.I. . Poi abbiamo anche l’autorimessa interrata quindi il corsello di manovra è coperto. L’autorimessa conterrà circa 40 autoveicoli. Leggiamo l’articolo 92 che dice: Autorimesse private con più di 9 autoveicoli, autorimesse pubbliche, ricovero natanti, ricovero aeromobili. Quindi anche per quanto riguarda l’autorimessa c’è obbligo di richiedere il C.P.I. guardiamo ora il discorso dell’impianto di riscaldamento. Che potenzialità avrà l’impianto di riscaldamento? La normativa 91 dice: Impianti per la produzione del calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 100.000 Kcal/h. Quindi se supera i 100.000kcal/h, circa 116 kilowatt ho l’obbligo del C.P.I. vuol dire che è attività soggetta a richiesta di C.P.I. . Questo però non vuol dire che se io ho un impianto di 100 kilowatt non debba applicare la normativa. Se l’impianto va dai 35 ai 116 kilowatt non ho l’obbligo del C.P.I. ma lo relaziono, faccio vedere il particolare, pianta, sezione, analizzo l’applicazione della norma; invece fino ai 35 kilowatt non ho l’obbligo, né del C.P.I. né di relazionare, l’impianto deve comunque essere a norma. In ogni caso posso sempre presentare comunque la pratica per chiedere un parere.
Tutte le attività che rientrano in questo elenco vengono dette in base al D.M. 10/03/98 attività a medio rischio di incendio. Se invece si tratta di attività che non rientrano in questo elenco perché hanno caratteristiche inferiori a quelle minime previste (altezza palazzina inferiore a 24 metri, meno di 9 auto nell’autorimessa, meno di 116 kilowatt, ecc. allora vengono dette a basso rischio di incendio. Se invece hanno particolari caratteristiche che rendono ancora più rischiosa l’attività svolta allora vengono dette ad alto rischio incendio (p.e. aziende petrolchimiche)
Una volta valutati questi aspetti allora mi leggo il d.p.r. 37 del 12/01/1998 questo è un decreto che regolamenta l’iter procedurale per ottenere il C.P.I. In questo decreto viene proprio detto come fare per presentare e richiedere agli uffici (comandi provinciali) competenti per ottenere il C.P.I. . In pratica si tratta di fare una richiesta su un modello particolare del ministero, tavole grafiche, relazione tecnica. In più c’è un versamento da fare a favore dei vigili del fuoco che varia in base al numero di ore che il vigile del fuoco dedica allo studio della pratica. Per ogni attività vengono ipotizzate delle ore di studio, queste vengono moltiplicate per un importo orario e si ottiene la somma da versare ai vigili del fuoco. Faccio firmare al cliente tutta la pratica e la presento allo sportello. E siamo alla prima fase. A questo punto dopo un certo tempo il mio progetto mi viene riconsegnato approvato. Vado dal committente e gli faccio eseguire tutte le opere prescritte dal progetto, e una volta eseguite le opere devo avere tutti certificati ce attestano di aver eseguito tutte le opere conformemente. Gli impianti elettrici, gli impianti di riscaldamento, ecc. … con tutti questi documenti faccio ora una seconda richiesta ai vigili del fuoco in cui dichiaro che abbiamo finito di fare tutto e chiedo che vengano fuori a controllare; pago ancora sempre con lo stesso criterio di prima. A questo punto bisogna aspettare che escano i vigili del fuoco per fare il controllo con il problema che spesso sono molto lunghi con i tempi. Ora però il D.P.R. 37 ha detto che se tu che hai svolte le attività ti prendi tutta la responsabilità che hai eseguito le opere conformemente al progetto e lo dichiari attraverso un documento scritto questo vale fino a che i Vigili non escono a quel punto decade e viene rilasciato il C.P.I. . Il certificato ha una scadenza e dopo un tot di anni va rinnovato. Si può dichiarare che non è cambiato nulla rispetto all’ultima volta oppure dichiarare le variazioni. In questo secondo caso si riparte con tutta la procedura. La durata cambia a seconda dell’attività va dai tre ai sei anni. Tutta la modulistica per queste operazioni è rilasciata dal ministero ed è indicata nel D.M. 04/05/98.


Autorimesse
Palazzina alta 13,18mt, quindi non è attività soggetta; al piano seminterrato ho l’autorimessa a box. L’autorimesse hanno una norma tecnica di riferimento che è il D.M. 01/02/1986. Guardiamo un esempio al videoproiettore. Le autorimesse possono essere di tipo isolate o miste. Sono isolate quando sono degli edifici dedicati esclusivamente a questo uso; miste sono tutte le altre (corpo box + cantine + edificio). Può essere interrata o fuori terra. Aperta o chiusa; aperta quando c’è una superficie di aerazione maggiore ad una certa percentuale (tipo l’Autosilos). Sorvegliata o non sorvegliata; se ha o meno il custode; può essere a box o a spazio aperto; a box quando è contenuta da muri divisori tra un box e l’altro libera invece quando non li ha. La normativa applica determinati criteri alle autorimesse a seconda che abbiamo più o meno di nove box. (Nel nostro esempio si tratta di un’autorimessa superiore ai nove box).

Le rampe

La rampa di accesso dell’autorimessa che va a servire fino a 15 autoveicoli può avere una larghezza di 3 metri e deve avere due rampe una per l’ingresso e una per l’uscita. Se però la normativa non è applicabile si può andare in deroga dando delle misure alternative: “non potendo applicare le normative di riferimento alla rampa viene data una larghezza di 4,5 metri per consentire il doppio senso di marcia su un'unica rampa”. Il legislatore per andare incontro a tutte le esigenze ha dato la possibilità di andare in deroga a certe normative. Esiste quindi una circolare di riferimento D.M. 22/11/2002 anzi la circolare è quella del 28/8/1995. In questa circolare si stabilisce che nelle autorimesse da 15 a 40 autoveicoli si può avere un’unica rampa non inferiore a 3,0 metri di larghezza purché venga installato un impianto semaforico che regoli il transito a senso unico alternato. La pendenza non deve essere superiore al 20% e il raggio minimo di curvatura non deve essere inferiore a 7,0 metri con una rampa a senso unico e fino a 40 autoveicoli. Arrivati nell’autorimessa abbiamo i box, come sono fatti i box? Secondo la normativa box è definito quel locale che non deve avere una superficie di parcamento superiore ai 40 mq oltre i 40 mq lo devo chiamare autorimessa. Tra box e box la normativa dice che devo avere una resistenza al fuoco delle strutture R.E.I. 30. In pratica vuol dire che quel muro devo resistere al fuoco per trenta minuti. R si riferisce a strutture portanti, pilastri e travi E.I. è una struttura di chiusura, non deve passare né i fumi né il calore. Un pilastro può essere R non potrà essere R.E.I. Una parete invece può essere anche E.I. perché deve garantire che l’incendio da un lato del muro non faccia passare calore e fumi dall’altra parte del muro. Anche per i solai devo garantire che l’incendio non vada nelle abitazioni superiori, quindi devo garantire una compartimentazione. R.E.I. 90 perché la normativa prevede che la struttura di separazione con altri ambienti deve esserci una resistenza al fuoco non inferiore a 90. Tra box e box 30 invece per strutture facenti parte dell’attività R.E.I. 90. Se avessi avuto un’autorimessa strutturalmente indipendente da un edificio a fianco la normativa prevede per la separazione un R.E.I. 120 che si può portare a 90 mettendo un impianto di spegnimento. La muratura che divide l’autorimessa dall’altra attività deve essere R.E.I. 90. La normativa dice che fino a 40 autoveicoli la porta di comunicazione tra l’autorimessa e le cantine o comunque gli altri ambienti, deve essere una porta R.E.I. 120. (la struttura 90 e la porta 120 --- buco nella normativa). Ricordarsi per qualsiasi lavoro di avere le certificazioni dei materiali e la certificazione della corretta posa. Anche la separazione con l’immondezzaio deve essere 90 con porta da 120. I box generalmente hanno una griglia di aerazione; questa griglia deve essere pari ad 1/100 della superficie in pianta del box. L’autorimessa invece ha necessità di avere oltre alle griglie di areazione sulla basculante anche un’areazione diretta che deve essere 1/25 della superficie in pianta dell’autorimessa. Ovviamente tutti i box messi insieme formano l’autorimessa in pratica è un comparto. Quindi tutta la superficie di questo comparto deve avere una areazione diretta che deve essere anche in questo caso minimo 1/25 della superficie del comparto (dell’autorimessa). Quindi si predisporranno delle griglie a soletta o delle bocche di lupo omogeneamente distribuite su tutta la superficie. Se l’autorimessa fosse su più piani bisognerebbe rendere indipendenti le griglie d’areazione di un piano da quelle di un altro piano. In pratica devo fare delle canalizzazioni che sono tipo quelle Shunt; in pratica si tratta di canne fumarie dove ognuna si immette nell’altra evitando che il fumo del piano di sotto ritorni al piano di sopra ma va direttamente all’esterno.
Le porte. Dalle autorimesse poi bisogna poter scappare in caso di incendio quindi bisogna predisporre delle porte. La normativa ci dice che ci devono essere almeno 2 uscite contrapposte e nel caso di due uscite contrapposte bisogna che almeno una sia da 120 (due moduli da 60) e l’altra posso anche farla da 60 (un modulo da 60) le porte devono avere il dispositivo di autochiusura, il maniglione antipanico e devono aprirsi verso l’esterno di modo che chi scappa possa fuggire più velocemente. La rampa di accesso può comunque essere considerata come via di fuga a patto che in cima alla rampa non sia messo un cancello.
(Ad una domanda in merito al Corsello viene chiarito che questo è parte integrante dell’autorimessa per cui non viene considerato un altro ambiente da difendere in maniera particolare come può essere un’abitazione – il corsello non ha bisogno di essere compartimentato separato in quanto fa parte dell’autorimessa)
Vediamo ora gli estintori che sono indicati con una simbologia e cioè con la lettera E. Esiste comunque un decreto che stabilisce tutte queste simbologie D.M. 30/11/1983.
Per quanto riguarda l’acqua la normativa prevede che fino a 50 autoveicoli io posso non fare l’impianto idrico antincendio e fare la copertura con estintori. La normativa prevede che da 1 a 20 autoveicoli 4 estintori cioè uno ogni 5 autoveicoli; questo per i primi venti; poi fino a duecento uno ogni 10 autoveicoli; oltre 200 avremo 1 estintore ogni 20 autoveicoli. In pratica con 260 autoveicoli si avrebbe un totale estintori in numero di 25. Nel caso del nostro esempio abbiamo 17 autoveicoli per cui avremo 4 estintori portatili.
Per quanto riguarda il caso dei box doppi c’è da dire che la normativa dei VV.FF. non accetta i box doppi che prevedono la soluzione di due macchine una dietro l’altra. Accetta solo la soluzione di una macchina sopra e una sotto (con l’impianto di sollevamento) oppure una a fianco dell’altra.
Nel nostro esempio l’impianto idrico antincendio non serve in quanto abbiamo meno di 50 autoveicoli. Ma quando si superano i 50 autoveicoli allora siamo obbligati a mettere le manichette, gli idranti (sono delle cassette rosse con dentro una tubazione con una lancia). In questo caso devo garantire un minimo di portata e di pressione. Devo predisporre un numero adeguato di manichette. Per scoprire quante manichette devo determinare quant’è la superficie totale di parcamento. In pratica in ogni punto della mia attività io devo raggiungere la mia manichetta (uni 45). Per superficie di copertura s’intende che dalla mia manichetta devo tirare una linea retta (si dice a filo teso) per vedere dove riesco ad arrivare per un massimo di 20 metri perché la lunghezza della tubazione normalmente è 20 metri. La normativa UNI 10779 (normativa che parla degli impianti antincendio) dice che le manichette devono essere considerate di 20 metri + 5 del getto d’acqua. I 5 del getto però non vengono mai considerati, si considera sempre 20 metri. Quindi devo posizionare un certo numero di Naspi in modo da coprire tutta la mia superficie. Il problema è che normalmente si fanno questi impianti collegati all’acquedotto, ma l’acquedotto non mi da’ la garanzia al cento per cento di una certa portata e una certa pressione d’acqua. Le caratteristiche idrauliche dell’impianto antincendio per autorimesse dice che bisogna avere un portata non inferiore a 120 litri al minuto e una pressione di almeno 2 Bar. L’impianto deve essere dimensionato per la portata totale considerando contemporaneamente il funzionamento del 50 % degli idranti presenti. Se ne ho 4 devo considerare almeno il funzionamento contemporaneo di 2. Se l’acquedotto non mi riesce a garantire questa portata e pressione allora è il titolare dell’attività che deve farsene carico. E qui subentriamo nel fatto che può essere richiesto un gruppo ponte, una vasca di contenimento e via dicendo.
La normativa uni 10779 regolamenta gli impianti antincendio, portata e pressione in base sempre al livello di rischio. Se ho un deposito di materiale ferroso il rischio incendio sarà praticamente quasi nullo quindi faccio una valutazione 1 di rischio d’incendio e con questo rischio la normativa mi permette i mettere dei Naspi. Il naspo è un girello con arrotolata una specie di canna dell’acqua e ha una portata e una pressione inferiore 1.5 bar. La normativa dice che non devo aprirne il 50 % ma basta che io ne apra 4. Se ne ho 20 ne deve aprire 4 se ne ho 2 ne apro 2 se ne ho 4 ne apro 4 contemporaneamente. In questo caso si tratta di una pressione dinamica e non statica; non ci metto il manometro ma apro l’acqua e misuro quanta ne esce quando ne ho 4 contemporaneamente aperti. Se invece ho il livello di rischio 2 la normativa mi dice che posso mettere i Naspi ma anche gli idranti. In questo caso devo garantire 2.0 bar di pressione e ne apro sempre tre non il 50%. Tra idranti e naspi c’è una diversità. Con i Naspi è concesso mettere una tubazione fino a 30 metri. Al livello 2 oltre alla protezione interna devo garantire anche una protezione esterna (p.e. le colonnine fuori dai supermercati, al cinema ecc) queste hanno una pressione e una portata ancora più alta 160 litri al minuto con 3 bar di pressione.

COSTRUZIONI E TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI


COSTRUZIONI E TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI

Fondazioni
Ci possono essere due tipi di fondazioni, dirette o indirette. A seconda che poggino direttamente o indirettamente sul terreno. Prima di arrivare però a decidere se fare delle fondazioni dirette o indirette dobbiamo conoscere che tipo di terreno abbiamo di fronte ovvero dobbiamo fare uno studio del terreno soprattutto per conoscere quello che è il suo sigma, cioè la portanza (quanto il terreno resiste ad uno sforzo). Per fare delle prove sul terreno ci sono vari metodi ed uno di questi è quello del penetrometro, o quello del piano con i vari martinetti idraulici. Questi sono strumenti formati da una base piana di area conosciuta e di peso noto che vanno ad incidere o su un penetrometro che va a penetrare nel terreno e quindi si misura quanto entra nel terreno e quindi quanto il terreno resiste a questo sforzo oppure dei martinetti che mi indicano di quanto alcuni elementi entrino o meno nel terreno. Un terzo sistema è quello del carotaggio, il quale viene fatto normalmente quando sappiamo di trovarci di fronte ad un terreno incoerente e quindi ci serve assolutamente sapere che tipo di strati di terreno, quanti strati di terreno, di che tipo e di che dimensioni, noi dobbiamo attraversare prima di arrivare al terreno di fondazione adatto.
Scavando, può succedere che ci si trovi di fronte a presenza di acqua. Dovendo intervenire per sistemare le cantine di abitazioni che hanno le fondazioni immerse nell’acqua come si interviene? In passato si potevano fare delle paratie che isolavano la zona di fondazione poi sono arrivate le Ture in metallo che sono maschiate e quindi si possono comporre per dare la forma desiderata. Poi si aspira l’acqua all’interno del “recinto”. Se invece sono degli scavi molto profondi in presenza di acqua vengono usate le campane pneumatiche, le quali sono delle camere a tenuta che vengono immerse nel terreno e man mano che si fanno i lavori la campana sale. Questa campana è collegata alla superficie tramite un camino per la discesa dei materiali e del personale e dei macchinari.
Le fondazioni dirette abbiamo detto che sono quelle che poggiano direttamente sul terreno. Le più conosciute sono quelle a fossa continua, a platea che sono quelle fondazioni usate per strutture non necessariamente molto elevate (case coloniche, cascine, ad un piano o due al massimo). In pratica si tratta di una fondazione in muratura dentro una trincea dove all’interno di questa viene ad essere già costruito il muro. Ovviamente la fondazione ha dimensioni più grandi del muro e viene rastremandosi mano a mano che raggiunge al base del muro per poi iniziare l’elevazione. È evidente che la larghezza in questo caso, come in un altro caso che vedremo più avanti, è determinata se il peso è baricentrico da un rapporto che è dato dal peso fratto il sigma del terreno.
peso
L = _____________
Sigma terreno

Questa formula la si utilizza generalmente per le fondazioni isolate cioè i plinti.
Un altro tipo di fondazione diretta che è comparsa con l’avvento del cemento armato è la fondazione a trave rovescia. Si chiama così perché la struttura in sezione di una trave rovescia che generalmente è a forma T è esattamente in contrario di una trave normale. In una trave normale la trave si infletterebbe nel centro dal basso verso l’alto creando un arco con freccia negativa e in questo caso il ferro verrebbe posizionato nella parte inferiore della trave (nella zona centrale non certo sugli appoggi) cioè dove ci sono le fibre tese. Nella trave rovescia avviene invece proprio l’opposto e il peso che va ad inflettere la trave è dato dal terreno. Tutto il ragionamento della freccia e delle fibre tese viene a rovesciarsi rispetto alla trave di prima. Vantaggi della trave rovescia sono: grande resistenza e poi le trave rovesce si possono anche incrociare e posso tra virgolette formare una sorta di griglia (di maglia) e nell’intersezione di travi rovesce posso posizionare dei pilastri.
Il plinto invece è una fondazione isolata. Una volta il plinto era una fondazione a pozzo cioè venivano fatti dei pozzi e riempiti di calcestruzzo e sopra questi plinti partivano i pilastri. I primi plinti erano a gradoni (molto costosi). In più si è scoperto che se l’angolazione dei gradoni non supera i 55° 60° si raggiunge la distribuzione ottimale del peso. È evidente che il rapporto tra peso fratto sigma del terreno per trovare l’area della sezione su cui agisce la fondazione si riferisce principalmente al discorso plinto, ovviamente sempre nel caso in cui il peso sia baricentrico nel pilastro e di conseguenza al plinto. Il peso può anche essere eccentrico, l’importante è che non esca dal terzo medio, cioè dal nocciolo centrale d’inerzia perché in quel caso non avremmo solo compressione ma anche trazione.
Quando il peso è fuori dal nocciolo centrale d’inerzia abbiamo sforzi non solo di compressione ma anche di trazione. Progettando cerchiamo di restare sempre nel caso in cui il peso sia baricentrico di modo da avere solo sforzo di compressione. Cercare sul manuale le formule per calcolare gli sforzi di compressione. (2p fratto 3up; p*a/+- p*e/w) (sono formule di verifica nel caso di una compressione ma non baricentrica).
Una cosa da tener conto è che non basta trovare l’area e poi progettare una base di fondazione molto più grande per trovarmi così in una condizione certamente migliore pensando di aver distribuito il peso nel miglior modo. No. Rischieremmo di avere un punzonamento cioè il pilastro con il suo peso rischierebbe di entrare all’interno della fondazione e quindi di ribaltare le ali della fondazione stessa; rischieremmo di rompere la fondazione.
Può succedere però che i terreni siano inconsistenti (presenza di acqua, terreni sabbiosi, terreni argillosi) e il terreno buono si trovi ad una profondità decisamente elevata. In questo caso si tratterà di fare delle fondazioni a palificazione. Si tratta di Pali che vengono infilati nel terreno per superare la parte di terreno inconsistente e appoggiarsi alla parte di terreno buono. Ma come funziona il tutto? Ricordate il concetto delle palafitte? Si tratta dello stesso principio. Esiste un piano che è appoggiato a dei pali infissi anziché nell’acqua nella terra. Su questo piano ad appoggiarsi poi tutta la costruzione. I pali vengono infissi molto vicini gli uni agli altri, dopodiché viene fatta una gettata che va ad inglobare tutte le teste dei pali che ci sono per creare così un piano, e quindi su quel piano si va a costruire l’edificio. Il peso andrà in questo modo scaricato sul terreno buono tramite i pali. La funzione dei pali che sono tra loro molto vicini è quella di costipare il terreno in quanto la sollecitazione che essi hanno è a goccia quindi la vicinanza fa si che le onde di sollecitazione si sovrappongono costipando il terreno. (il concetto è che se infilo tanti legni in un secchio di sabbia arriverà il punto in cui faro fatica a infilare ulteriori legni in quanto la sabbia sarà costipata). Per via di questa caratteristica dei pali questi stessi possono venir usati anche solo ad uso di costipamento come nel caso di passaggi di strade, oppure per stabilizzare terreni friabile. Una volta questi pali venivano fatti in legno (Venezia), in metallo, in calcestruzzo preconfezionato sino ad arrivare a dei pali Franki ovvero il palo gettato in opera.


Muri in elevazione
Ce ne sono di diversi tipi: muri perimetrali portanti, muri di spina, muri di tamponamento e tramezzi. In passato i perimetrali portanti venivano fatti con mattoni pieni a due, tre, quattro teste e davano muri di spessore notevoli per strutture molto alte. Il muro di spina invece in passato interessava per due ragioni: primo per avere un appoggio per il tetto e poi perché in una strutture del genere senza pilastri i solai avevano un appoggio intermedio (esempio sono le case di ringhiera sui navigli – a matita). Con l’avvento poi del calcestruzzo e dei laterizi non più pieni ma forati anche la costruzione dei muri in elevazione si è modificata. Ora lo spazio tra un pilastro e l’altro non è più necessario chiuderlo con mattoni pieni portanti, quindi si tratta ora solo di tamponare e di isolare con materiali vari.
Esistono anche muri di sostegno. Possono essere fatti in muratura tradizionale, o istintivi come quelli di montagna contenuti nelle reti, possono essere di pietra squadrata con malta o non, e possono essere in costruzioni di cemento armato. Il muro di sostegno in cemento armato ha come base per il suo calcolo il concetto della trave a mensola. La funzione matematica per calcolare il muro di sostegno tra cui la più famosa è quella di coulomb, è quella di arrivare a far si che la terra che spinge sul muro non lo sposti. In pratica la spinta del terreno viene applicata nel terzo medio del muro di sostegno e questo deve tamponare la spinta stessa Per trovare la spinta del terreno bisogna tenere conto del peso specifico del terreno, dell’angolo di natural declivio, dell’altezza del muro. Una volta determinata la spinta del terreno devo verificare tre cose: che il muro non si ribalti, che non scorra e che non si schiacci. Il momento spingente deve essere minore del momento resistente: momento resistente fratto momento spingente deve essere maggiore di 1.5. in ogni cosa queste verifiche si possono anche effettuare con il metodo del parallelogrammo: la risultante di tutte le forze orizzontali e verticali deve cadere all’interno del terzo medio. In questo modo è verificato ma se invece non cade all’interno di questo terzo medio allora dobbiamo o alzare o allargare il muro.

Travi
Nei tempi antichissimi inizialmente ci fu il sistema trilitico, poi arrivarono i romani che inventarono il sistema ad arco. Come si sostiene l’arco? L’arco distribuisce equamente le forze da un lato e dall’altro sulle spalle che di solito sono dei muri di sostegno. Che tipi di archi abbiamo: archi a tutto sesto, archi ribassati e archi a sesto acuto. Nell’arco a tutto sesto abbiamo una luce che corrisponde al diametro, una freccia che corrisponde al raggio, da un intradosso e da un estradosso da due spalle da dei conci (pietre). Come fare per verificare se l’arco sta in piedi oppure no? Si prende in esame meta arco (l’altra è simmetrica). Sul concio in chiave si avrà applicata al terzo medio superiore la spinta che è data dalla gravità di arco, questa spinta si va a comporre, con il peso del concio e con il peso di ciò che spinge sopra il concio, con una forza che è applicata al baricentro. Queste due forze mi formano una risultante. Questa risultante va a comporsi con l’altra forza peso del concio successivo e di tutto ciò che spinge sopra il concio applicato al baricentro formando una seconda risultante … e così via fino ad arrivare all’estremo. Se l’ultima risultante di questa curva delle pressioni cade all’interno del terzo medio inferiore (siamo partiti dal terzo medio superiore) questo arco sta in piedi. Se cade all’esterno l’arco crolla.

Indicazioni per la progettazione del residence
Progettare un residence composto da tre palazzine su tre piani (piano terra, piano primo e piano secondo) con i tre tagli di appartamento per 2, 3 o 5 persone più una quarta palazzina di accoglienza. Per ora progettiamo solo la palazzina poi a settembre cercheremo di studiare come inserirla in un contesto più ampio.
Un residence dove gli appartamenti sono così suddivisi: Una camera con due letti, un corridoio con due letti a castello, un soggiorno con cucina a vista, due divani e un balcone. Quindi vuol dire che ci si può stare sia in quattro sia in sei. Tutti gli appartamenti devono avere il balcone (possono avere una doppia esposizione ma devono avere il balcone) e questo deve essere dalla parte del soggiorno e della cucina. Nel caso ci sia la camera da letto definita, (quella più grande) allora anche la camera da letto può dare su un terrazzo o su qualcosa del genere magari anche adatto per mangiare fuori, con un tavolo. Facciamoli di tre piani, così non ci facciamo l’ascensore.
Progettare anche una reception su un piano solo con un deposito materiali, bagagli, spogliatoi per inservienti, segreteria direzione, un bar. Parcheggio interno al residence. Si può anche eventualmente prevedere un locale interrato di lavanderia per chi risiede per più di 10 gg. e che abbia quindi necessità anche di fare il bucato.


Tetti
Esistono due tipi di tetti: a falde e piani.

Tetti a falde

Di tetti a falde ne esistono normalmente due tipi di soluzioni: tetti alla lombarda e tetti alla piemontese. Qual è la differenza tra questi due tetti? (la risposta a questa domanda si trova molte righe più sotto)
L’ultima volta avevamo parlato delle case di ringhiera che sul lato corto sono abbastanza strette e che ricordano una matita, che hanno le due falde che scendono e hanno soprattutto il muro di spina. Il problema è quello di dove appoggiare la trave di colmo (la parte più alta di un tetto) e il muro di spina serve proprio per sorreggere la trave di colmo. Un tetto a falde si compone delle due falde, travi di colmo, quindi la falda è un impluvio che raccoglie l’acqua e la manda verso i canali di gronda, scossaline o converse e da questi giunge nei pluviali che possono essere esterni o interni. I pluviali sono generalmente in rame o in acciaio anche se sempre più si va verso il P.V.C. che è un materiale certamente meno costoso. I canali di gronda invece in passato si facevano in alluminio zincato o alluminio nudo e crudo ma ora principalmente sono in rame. Il compluvio è il punto di incrocio di due falde, ovvero il punto in cui le falde raccolgono contemporaneamente l’acqua.
L’inclinazione delle falde cambia notevolmente in funzione della localizzazione dell’ambito in cui si deve operare; un conto è la pendenza di un tetto di montagna un’altra è quella di un tetto in riva al mare. Le precipitazioni d’acqua cambiano da luogo a luogo e le precipitazioni nevose e anche altro incidono notevolmente sul peso. Nel calcolo di un tetto il sovraccarico accidentale che viene ad essere calcolato è dato dal peso della neve e dal vento. Mediamente inclinazione delle falde sono in gradi o in percentuale e dalle nostre parti (prov. Milano) si aggira intorno al 40/46% - 26°/27°.
In un tetto alla piemontese la struttura e data dai puntoni che sono delle travi che da un lato poggiano perpendicolarmente al muro perimetrale, su un dormiente (una trave in legno che viene poggiata sul limite del muro perimetrale) e dall’altro alla trave di colmo. Quindi questi puntoni oltre ad essere la struttura del tetto sono anche quegli elementi che danno l’inclinazione delle falde. Questi sono posizionati ad un interasse mediamente di 1.5 m -2.0m – 2.5m al massimo e non di più. Il vuoto che si viene a creare tra puntone e puntone viene riempito a griglia da travetti perpendicolari ai puntoni da piccola orditura perpendicolare ai travetti fino ad avere la possibilità di poter applicare il manto di copertura che può essere di tegole portoghesi, marsigliesi, coppi, ecc. . le tegole sono appoggiate ai listelli e si autoreggono.
Nel sottotetto abbiamo tutti gli scarichi: vasi d’espansione dei bagni, condutture dell’acqua, de riscaldamento, ecc. Sul tetto abbiamo le torrette delle canne fumarie, delle cucine, dei bagni e quant’altro. Sarà capitato di vedere anche delle tubazioni di metallo lungo le facciate di certi condomini che generalmente sono gli scarichi dei fumi delle caldaie. Generalmente si posizionano in facciata perché non è possibile incamiciare la vecchia canna fumaria oppure perche sono delle canne Shunt. Per quanto riguarda il fumaiolo delle canne questo ha una sua altezza minima che se siamo in gronda non c’è problema ma se invece siamo a due metri circa dal colmo allora deve essere più alto del colmo di almeno un metro meglio quindi cercare di fare i fumaioli in gronda per evitare di fare fumaioli altissimi.
Il tetto alla lombarda invece è l’esatto contrario di quello che è un tetto alla piemontese. Anche in questa tipologia di tetto abbiamo la trave di colmo solo che questa non appoggia sul muro di spina che corre per tutta la lunghezza della casa bensì o su dei muretti oppure su delle capriate. Le capriate sono delle strutture un po’ particolari che hanno questa funzione. Il problema è come chiudere quello spazio che c’è tra capriata e capriata. Generalmente tra capriate e capriata c’è un interasse mediamente di 3.0m. In questo caso la struttura portante che poggia da una capriata all’altra viene chiamata arcareccio o terzera. Queste sono travi che poggiano da capriata a capriata e sono parallele alla trave di colmo. Per poi chiudere il buco tra gli arcarecci si usa la stessa tecnica di quello piemontese.
In entrambe le soluzioni la copertura può essere fatta a pannelli sandwich. Questi sono generalmente in rame, alluminio o lamiera trattata e verniciata. Hanno struttura grecata nella parte superiore e nell’intradosso di questa lamiera è fissato uno strato isolante di vario spessore, mediamente 10 cm. Il fissaggio va eseguito con chiodi di rame oppure di acciaio inossidabile per evitare che la ruggine delle vite normali si “mangi” la lamiera e quindi la deteriori.
La capriata è composta da una catena, che è un tirante in quanto assorbe gli sforzi dei due lati, da due puntoni (che sono quelli diagonali fissati da un lato direttamente sulla catena) da un monaco (il tratto verticale centrale alla struttura) e da due saettoni o falsi puntoni che uniscono il monaco con i puntoni. Questa è la più classica. La cosa più importante che interessa particolarmente comunque sono i punti di unione tra il puntone e la catena e tra il puntone e il monaco. (vedi disegno). Il primo fa da … il secondo viene considerato a cerniera. Il monaco non si appoggia alla catena per far si che nel momento del grosso carico questo non abbia a gravare sulla catena stessa (diventando un peso accidentale) andando a compromettere la stabilità della struttura. Le falde di un tetto possono anche non incontrarsi nel monaco ma avere una sorta di cartella che consenta di predisporre delle finestre per dare luce e aria al sottotetto. In questo caso però dovremmo tener conto della normativa che prevede che l’altezza media non sia inferiore a 2.40 m nei locali abitabili con tetti inclinati. Sul tetto a falde possiamo fare una infinità di aperture. Dai vecchi abbaini di una volta ai Velux (finestre inserite nella falda stessa) oppure ancora aperture come balconi, terrazzi o quant’altro. In questo caso si tratta di adeguare il tetto attraverso scossaline o catrame alla nuova caratteristica creatasi con una finestra in falda, un abbaino, un terrazzo, un balcone, e via dicendo.
Le case di ringhiera hanno generalmente il tetto alla piemontese.


Tetti piani

Anche in questo caso ne abbiamo di due tipi a terrazza calpestabile oppure non calpestabile. Ovviamente il non calpestabile è calpestabile sono per la manutenzione normale, non è un solarium. Nel caso che il tetto non sia calpestabile la struttura della soletta è come quella di un solaio, né più né meno, solo che rispetto ad solaio qualsiasi può variare lo spessore perché si tratta di un ultimo solaio. Generalmente è assolutamente coibentato e su questo solaio vi sono tutte quelle uscite di fumi e via dicendo di cui abbiamo parlato prima che ci sono su un tetto inclinato. La cosa importante è l’isolamento che deve essere a strati e gli strati devono essere incrociati. L’altro problema è quello di far defluire l’acqua. O farla defluire ai bordi della struttura quindi dare l’inclinazione alla caldana di 1% o 2 % per far si che l’acqua scorra negli scarichi che si sono posti oppure farla defluire in un punto preciso che non sia precisamente al bordo della struttura. Nel solaio calpestabile il problema si pone in quanto alla pavimentazione che in questo caso è consigliabile che sia galleggiante. Una terza soluzione non tanto utilizzata in Italia prospettata da Le Corbusier è il tetto a terrazza con lastre di cemento e tra lastra e lastra fare crescere l’erba, o avere un giardino vero e proprio.

Solai

Sono le divisioni orizzontali di un edificio. Qual è il problema principale dei solai? È quello di capire qual è il tipo di vincolo che ha agli estremi ovvero se è incastrato, appoggiato … o altro. Non deve incidere un errore di calcolo nel momento in cui andiamo a progettare questa cosa. Se sbagliamo a capire il vincolo sugli estremi avremo poi ovviamente dei problemi. Infatti a seconda del vincolo cambierà anche il momento flettente. I solai possono essere fatti in molto modi: dai tradizionali in legno a quelli in latero-cemento. I solai in legno cos’ come quelli in ferro-laterizi hanno due problemi: possono essere semplici o composti. La differenza sta nella posizione delle travi che sorreggono il solaio. Se il lato corto di un solaio ha misure modeste (max. 5 m per il legno e 6/7 m per il ferro) allora le travi poggiano da muro a muro parallelamente al lato corto e abbiamo un solaio semplice. Oltre queste misure il travetto può inflettersi sotto il proprio peso stesso. Al contrario invece il solaio composto si ha quando le luci anche del lato corto sono elevate (tipo 8 metri). Allora in questo caso bisognerà creare delle travi maestre a sezione molto elevata da disporre sempre parallelamente al lato corto ma a distanza di max. 5 m per il legno e 6/7 m per il ferro e su queste travi poggiare perpendicolarmente le travi come nel caso precedente. Sopra le travi di un solaio vengono poi inchiodate delle tavole per chiudere gli spazi vuoti tra gli interassi delle travi (interasse max. travi in legno 50/60 cm - nelle travi in ferro l’interasse è dato dalla lunghezza del tavellone che varia da 60 a 120 cm ) e sopra il solaio in legno dell’isolante e poi una piccola caldana di cemento e poi sopra o le piastrelle o il parquet, mentre nei solai in ferri e laterizi abbiamo riempimento di cretonato o quanto altro struttura di sabbia e di isolante, caldana e poi pavimento. Questo tipo di solaio può essere alleggerito creando delle camere d’aria.

Come si calcola una struttura in legno o in ferro
Generalmente si parte dal concetto di creare una trave rettangolare con sezione bxh dove h sia sempre maggiore di b. bisogna trovare la base e l’altezza della trave. Nel caso che stiamo considerando abbiamo una trave che è semplicemente appoggiata agli estremi e con carico uniformemente distribuito. Noi conosciamo la luce, il peso e le reazioni vincolari; devo trovare il momento flettente. In questo caso il momento flettente è ql2/8. Dove q è il peso in kg al metro lineare, l è la luce. Ora conoscendo il momento flettente e conoscendo il sigma δ del legno o della putrella in ferro che noi abbiamo possiamo trovare il W che è il modulo di resistenza. Momento flettente fratto sigma abbiamo il modulo di resistenza (W). Stiamo attenti al fatto che il momento flettente è in kgm il sigma è invece in kg/cm2 e il W come unità di misura è in cm3 . quello che così calcoliamo però non è il W effettivo perché mi è dato da solo da un rapporto tra momento e sigma. A noi invece interessa realmente di determinare la base e l’altezza di questa trave. Noi sappiamo che il modulo di resistenza W è dato da bh2/ 6. Da dove arriva questo rapporto? È il rapporto tra il momento d’inerzia e la distanza dall’asse neutro alla fibra più lontana in una sezione rettangolare con momento d’inerzia rispetto all’asse baricentrico. Il momento d’inerzia in quella sezione se abbiamo l’asse baricentrico (h/2 e h/2) è Mi=bh3/12; la fibra più lontana all’asse neutro x-x è h/2. Quindi se noi facciamo bh3/12 / h/2; ribaltando il tutto avremo bh2/ 6. Ora in questo caso ho due incognite ma imponendo che la base sia 0.7h la formula mi diventa ad una sola incognita. E la formula mi diventa: W=0.7h3/6 per cui h=radcubica di 6W/0.7; a questo punto trovata l’altezza e moltiplicata per 0.7 ho anche la base. Queste formule vanno anche bene sia per il calcolo dei puntoni che degli arcarecci né più né meno. L’unico problema in quei casi è trovare il momento flettente essendoci una inclinazione anche se sul manuale si trovano le formule. I risultati di h e di b si arrotondano sempre in eccesso al numero pari successivo. Arrivati a questo punto è opportuno fare una verifica. Se la struttura è legno allora la verificheremo con il W vero in pratica faremo il rapporto sigma = Mflettente / Wreale (trovato utilizzando la base e l’altezza reale) e questo dovrà essere inferiore al sigma ammissibile del legno. Se sarà superiore bisognerà apportare delle modifiche alla base e all’altezza aumentandole. Se invece si tratta di trave in ferro con laterizi una volta giunti al W controlleremo a quale W per eccesso corrisponde questo tipo di W da noi trovato. Si tiene conto sempre di un W rispetto all’asse x orizzontale. In questo momento l’asse y non ci interessa. y ci interessa solo se le travi son inclinate. Nel caso di travi inclinate il W va calcolato in funzione dell’asse x e dell’asse y. Rispetto all’asse x sarà W=bh2/ 6 ; rispetto all’asse Y sarà W=b2h/6. Tutte queste cose si trovano sul manuale.
Altri tipi di solai sono quelli in soletta piena. In Italia abbiamo tanta argilla per cui usiamo molto i solai con laterizi ma in Grecia ad esempio che non hanno argilla ma in compenso hanno molto cemento usano molto fare solai pieni in cemento armato. Nell’estremità si tratterà di capire se abbiamo un incastro o un semincastro, casserare tutta la soletta, posizionare tutti i ferri sul cassero ed eventualmente anche la rete elettrosaldata e poi gettare costipando con vibratori ad immersione. Aspettare una luna ovvero dai 24 a 28 giorni e quindi disarmare il tutto. Il calcolo della struttura non è molto complicato e le formule si trovano comunque sul manuale. Per i solai in latero-cemento invece il problema è a volte simile a volte no. Possiamo utilizzare dei travetti prefabbricati detti anche misti composti cioè da un fondello in laterizio, un traliccio in ferro e una gettata di cls. oppure dei travetti in calcestruzzo già confezionati l’unica cosa che cambia è appunto il travetto. Si assemblano posizionando i travetti poi le i blocchi in laterizio e poi il ferro e la rete e infine il getto. E dopo 24/28 giorni si disarma tutto. Ci sono poi ancora i solai con travetti gettati in opera. Anche in questo caso si tratta di casserare tutta la soletta e poi tutto il resto è uguale agli altri solai. Si possono avere anche solaio con delle costolature cioè con sezioni di travi a T. si tratta in questi casi di calcolare una trave a T. In queste travi il problema è capire dove cade l’asse neutro. Se passa attraverso le due ali e non sull’anima, questa trave può essere calcolata come se fosse una trave a sezione rettangolare dove la larghezza è quella delle due ali. Se invece l’asse neutro passa nell’ala verticale quindi nell’anima in questo caso dobbiamo trovare dove effettivamente passa l’asse neutro e calcolare le due parti staccate.


Scale

Le scale sono ovviamente i collegamenti tra due piani differenti di un edificio. Sono composte da gradini che si dividono in pedate e alzate. Le alzate vanno mediamente (non è legge) da i 15 ai 18 cm. Mentre le pedate mediamente vanno tra i 29 e i 32 cm. Altra cosa da tenere in considerazione è la larghezza delle scale le quali se si tratta di scale interne non hanno misure particolare, nel senso che possono anche essere larghe 70 cm. Se invece la scala è di utilizzo pubblico devono avere una larghezza che arriva dagli 80 cm. Al 110 cm. Secondo la normativa devono essere larghe tanto da poter far scendere una cassa da morto, in modo cioè che la cassa da morto possa girare senza doverla mettere in piedi. Le ringhiere nelle nostre zone sono mediamente alte 1.10 mt. comunque è la stessa altezza dei parapetti delle finestre e dei balconi ed è in base al regolamento edilizio. Se le scale sono però di un edificio pubblico, e quindi di grosso passaggio è evidente che la larghezza varia in funzione del numero di persone; quindi può essere 80, 160 cm. o che altro. Ogni persona ha cioè 80 cm di spazio per muoversi. La geometria delle scale è varia. Ci sono scale ad una rampa che generalmente negli edifici di civile abitazione si tende ad eliminare, almeno che non siano di servizio, come ad esempio le scale che possono portare al piano seminterrato; comunque anche queste scale devono essere interrotte da un pianerottolo di riposo; una volta superati i 10-13 scalini bisogna posizionare un pianerottolo di riposo. Il pianerottolo di riposo è quello che viene ad essere utilizzato nella famosa tromba delle scale come si dice in gergo. Le scale di una civile abitazione sono posizionate all’interno di strutture in cemento armato, così come gli ascensori, quindi hanno tre pareti di cemento armato di cui una di queste deve essere per forza perimetrale. Questo per far si che sia possibile avere una finestra direttamente sull’esterno sia per la luce sia per il riciclo d’aria nel caso d’incendio. Possono essere finestre o portefinestre, non ci sono misure standard ma devono essere finestre apribili anche perché in caso di incendio le scale diventano un vero e proprio camino. Le scale però possono essere anche a due o a tre, quattro rampe a seconda dei casi. La cosa importante è quella di dividere le alzate per il dislivello da superare e per arrivare quindi da un piano a quello successivo. Noi siamo abituati ad avere due o tre rampe nelle nostre abitazioni e quindi abbiamo il pianerottolo di riposo tra l’una e l’altra rampa. Questo pianerottolo è generalmente largo quanto la scala e copre sia l’arrivo della prima rampa sia la partenza della seconda. Le scale sono un elemento fisso. In una progettazione è uno dei pochi elementi oltre ai pilastri che lì sono e lì rimangono. Nel calcolo della scala bisogna anche stare attenti al fatto che ci sono dei punti in cui deve essere la scala e non possiamo fare altrimenti. A volte in una progettazione ci si accorge che mancano uno o due scalini per arrivare alla quota del piano superiore ma non possiamo né allungare la scala che è data dalla somma delle pedate, né possiamo alzare l’altezza della scala altrimenti diventerebbe faticosa da percorrere allora in questo caso viene utilizzato un sistema che è sempre meglio evitare ma che se proprio non c’è alternativa viene usato. Questo sistema è il piè d’oca ovvero quei gradini a forma di triangolo. Sarebbe meglio evitarli in quanto questi gradini sono particolarmente pericolosi sia nella salita che nella discesa. Infatti sul lato del muro i gradini sono sufficientemente larghi, ma verso l’interno la larghezza del gradino è pari a zero. La struttura delle scale può essere in legno, in metallo e in cemento armato. Il problema per quelle in cemento armato, così come per quelle in metallo è quello di formare delle travi che salgono che vengono ad essere legate alla trave de pianerottolo di riposo tramite dei ferri inclinati che si incastrano con degli altri orizzontali.
Esistono anche le scale antifumo ovvero scale che hanno una porta tagliafuoco rispetto al resto dell’edificio. Sostanzialmente per prendere queste scale fisicamente dobbiamo attraversare due porte, cioè una porta tagliafuoco, un piccolo spazio o che altro, e una porta che mi da’ la possibilità di accedere alle scale e questo mi da’ la possibilità di essere certo di non avere in caso di incidenti di incendio, di non avere nessun tipo di comunicazione tra la parte delle scale con la parte che viene ad essere normalmente utilizzata. 13:24